All'arrivo in redazione ho trovato questa lettera ad aspettarmi.
"Sono lieto di comunicarLe che il Tribunale di Roma, con sentenza n. 12627/08 del 12.6.08, ieri comunicata, ha rigettato le domande proposte da Salvatore Cuffaro nei confronti di Nuova Iniziativa Editoriale Spa, F. Colombo e M. Solani, condannandolo al pagamento delle spese di lite, come da dispositivo che allego in copia. (...)
L'ex presidente della Regione Sicilia mi aveva querelato per l'articolo "Gli affari del governatore corrono su gomma" pubblicato su l'Unità del 24 luglio 2002 dopo la strage ferroviaria di Rometta Marea, in provincia di Messina. Ve lo ripropongo:
"Una volta era il treno, l’odore stantio delle carrozze, pensieri di viaggio lungo due linee che corrono parallele a solcare il paese e raggiungerne anche i più sperduti angoli. Cartoline d’una Italia lontana e romantica, preistorica rispetto al boom consumistico degli anni del dopoguerra, del miracolo italiano di una automobile per famiglia. Cartoline che nella Sicilia dei 1500 chilometri di strada ferrata sono al tempo stesso, sconosciute ai più eppure ancora attuali. Da una parte le
ferrovie, poche e fatiscenti, «degne dell’Italia di Cavour» commenta qualcuno, dall’altra i paesi, le città sperdute il cui nome non compare nemmeno sulle rassicuranti tabelle blu che
popolano ogni stazione ferroviaria dello stivale. Perché in Sicilia, per muoversi di città in città, nella stragrande maggioranza dei casi non si può nemmeno immaginare di salire su un treno, per quanto malandato possa essere, e non resta altra soluzione che affidarsi agli autobus. Più efficienti, sicuramente più veloci, comunque presenti. Perché per una rete ferroviaria disegnata a lambire in pratica soltanto le splendide coste siciliane, esiste tuttavia una rete parallela di trasporto, su gomma, che supplisce alle carenze del sistema ferroviario, lo completa e si arricchisce portando da un lembo all’altro dell’isola tutta quella gente che, magari non potendo disporre di un automobile, è comunque costretta a muoversi lungo le strette strade dell’interno. Un affare miliardario, un business colossale in cui si affrontano decine e decine di aziende, da quelle a conduzione familiare a quelle molto più estese e ramificate. Un giro di denaro che, è evidente, si nutre dei disservizi del sistema ferroviario e che da sciagure come quella capitata la sera di sabato scorso è pronto a trarre il massimo giovamento, sfruttando anche le paure della gente magari non più così sicura che il treno sia il mezzo di trasporto più sicuro al mondo. Ne sa qualcosa anche il presidente della Regione Totò Cuffaro. Lo sa bene «Zu vasa vasa» cosa significa portare la gente dai più sperduti angoli dalla Sicilia alle città, fare tappa nei paesini talvolta sconosciuti anche alle cartine stradali e poi riportarli indietro, con puntualità e efficienza. Non è un caso infatti che il nome Cuffaro campeggi su moltissimi degli autobus che quotidianamente partono da Agrigento per raggiungere Palermo e molti altri centri abitati, coprendo moltissime tratte e staccando biglietti a centinaia e centinaia di passeggeri. Quell’azienda, «la Cuffaro Angelo e Raffaele» con sede a Raffadali pochi passi fuori da Agrigento, esiste da anni ed è da sempre gestita dal padre del Governatore e dallo zio. Non veicoli sgangherati come quelli di una Sicilia oramai affidata soltanto ai film e sopra le quali la gente buttava le proprie valige. La «corriera» oggi è un mezzo tecnologico, autobus dotato di tutti i confort, «compresa l’aria condizionata» raccontano i viaggiatori più assidui. L’azienda di famiglia, però, cogli anni è cresciuta fino a diventare una delle maggiori autolinee dell’isola sfruttando la mole impressionante di viaggiatori che quotidianamente affollano la tratta Agrigento-Palermo, vero pezzo forte dell’offerta aziendale, e riuscendo a toccare col proprio servizio anche quei centri meno frequentati ma disperatamente bisognosi di un collegamento col resto della regione. La «Cuffaro Angelo e Raffaele», dicono i maligni, è cresciuta con la stessa velocità con cui il giovane rampollo di famiglia ha costruito la propria scalata politica fatta di Dc prima e di Forza Italia poi. Uno che fa i soldi con le corriere, dicono gli stessi maligni, come potrebbe oggi volere che le ferrovie diventino in Sicilia efficienti e affidabili? Dubbi e malignità, ma certo è che contro il governatore della Sicilia hanno già puntato il dito in molti, primi fra tutti i sindacati. «Furono Miccichè e Cuffaro a comunicare lo stop ai lavori per il raddoppio della tratta ferroviaria Messina-Palermo» ha attaccato due giorni fa Maurizio Bernava, segretario della Cisl nella città dello stretto. Critiche ripetute qualche ore più tardi anche da Salvo Giglio della Cgil e che non sono affatto piaciute a Totò Cuffaro. Il raddoppio di quegli oltre 200 chilometri, ha risposto il presidente della Regione, «è una delle priorità indicate dal governo regionale nell'accordo di programma quadro dei trasporti. Il problema da risolvere è quello del reperimento delle risorse che, in questa prima fase, non è sufficiente a coprire il costo dell'intera opera». Solo un problema di soldi, quindi, quegli stessi soldi che arriveranno in quantità mai immaginate fino ad ora se il cammino della costruzione del Ponte sullo Stretto non troverà ostacoli sulla propria strada. La paura di Cuffaro, però, è che mentre da Roma si spenderanno forze e fondi per il mega progetto che legherà l’isola al «Continente», potrebbe spettare invece alla Regione farsi carico del risanamento di un sistema ferroviario che appare oramai a tutti inservibile e che, verrebbe da dire se non suonasse a sfregio in questi giorni di siccità, fa acqua da tutte le parti. «Non accetteremo che scarichino sulla Sicilia un sistema ferroviario in queste condizioni, con evidenti problemi di sicurezza e improduttivo - ha ringhiato ieri il Presidente - È interesse dei siciliani che i vertici delle Ferrovie e lo stato facciano quanto compete loro per mettere la Sicilia alla pari delle altre regioni». Nel frattempo, comunque, una assicurazione ai cittadini Cuffaro potrà darla senza problemi: le autolinee, in Sicilia, funzionano a dovere.
lunedì, settembre 08, 2008
Immigrati fra le bombe, mica male...

Succede, o meglio potrebbe succedere, a Baiano, una popolosa frazione di Spoleto in provincia di Perugia. Dove su un’area di circa 160 ettari sorge lo “Stabilimento militare per il munizionamento terrestre” (Smmt), lo Spolettificio per la gente del posto, che da decenni produce, smaltisce e immagazzina munizionamento militare. O meglio, produceva visto che la fabbricazione è praticamente ferma dal 10 aprile 2005 quando una terribile esplosione, causata da materiale difettoso dissero i periti, rase al suolo alcuni dei 150 edifici che compongono lo stabilimento. Non ci fu nessuna vittima, e fu praticamente un miracolo visto che l’onda d’urto mandò in frantumi i vetri delle abitazioni in un raggio di alcuni chilometri. Una tragedia sfiorata che non sembra preoccupare molto il ministero dell’Interno visto che proprio in queste ore sono in corso febbrili colloqui con le Prefetture per verificare la fattibilità di un progetto che sembra assurdo: stabilire proprio nello “Stabilimento militare per il munizionamento terrestre” di Baiano di Spoleto il nuovo Cpt (o Cie, centro di identificazione ed espulsione secondo la nuova dicitura ministeriale) che Maroni vorrebbe fosse realizzato in Umbria.
E poco importa se i 230 lavoratori occupati nello stabilimento, dopo una crisi che ne ha messo a rischio i posti di lavoro, vedono ora la luce in fondo al tunnel in attesa del via libera del ministero della Difesa per la ripresa della produzione di una nuova bomba a mano, il Viminale ha individuato nello Spolettificio la sede ideale per il nuovo Cie. Meglio dell’Isola Polvese di cui si era parlato nelle scorse settimane, una novella Alcatraz al centro del Lago Trasimeno, meglio dell’area della Protezione Civile a Colfiorito. Meglio anche delle palazzine della Scuola di Polizia di Spoleto.
Certo c’è il piccolo dettaglio di quelle mille tonnellate di materiale esplosivo (stando ai numeri contenuti in una interrogazione presentata qualche mese fa in consiglio regionale da alcuni esponenti del centrodestra) conservate nella pancia delle collinette che sorgono nell’area dello Spolettificio. Ma il ministero dell’Interno non sembra troppo preoccupato e anzi in queste ore ha incassato anche qualche “ni” da parte dei sindacati di polizia. Certo non dalla politica visto che contro il progetto del nuovo Cpt si è coagulato un fronte compatto e trasversale, dalla sinistra estrema al Pdl, che minaccia di mettersi di traverso in ogni modo al progetto dei tecnici del ministro Maroni. «È un’area assolutamente inadatta», attaccava nei giorni scorsi il consigliere regionale del Pd Giancarlo Cintioli. «Non se ne parla nemmeno», gli faceva eco il vicepresidente del consiglio provinciale di Perugia, nonché capogruppo di An in consiglio comunale a Spoleto, Giampiero Panfili.
Una contrarietà che sarà presto espressa anche a Marco Airaghi, l’ex parlamentare di Alleanza Nazionale che dal giugno scorso guida l’Agenzia Industrie della Difesa “proprietaria” dello Smmt, nella visita che è già in programma a Baiano di Spoleto. Perché sono molti i motivi di preoccupazione per la scelta del Viminale. «A questo punto - ironizzava ieri Bruno Piernera, segretario comprensoriale della Cisl, il sindacato più rappresentativo fra i lavoratori dello Spolettificio - possono portarci direttamente gli immigrati clandestini affiliati ad Al Qaeda. Non faranno fatica a trovare armi». Sempre che non saltino in aria prima.
Massimo Solani, l'Unità 8 settembre
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