
Una figuraccia, nella migliore e forse più ingenua delle ipotesi. Una sceneggiata imbarazzante, nella più realistica, condita da spiegazioni farsesche e messaggi politici nascosti sotto una goffaggine ostentata quanto sospetta. E’ durata oltre tre ore l’audizione di Pio Pompa davanti al comitato parlamentare di controllo sull’attività dei servizi segreti. Una deposizione condita per lo più da contraddizioni, versioni di comodo, difese maldestre e frecciate tutta da decifrare. Tanto che alla fine, su una cosa tutti i membri del Copaco erano d’accordo: le risposte dell’“analista di fonti aperte internazionali e Internet” (per sua stessa definizione) sono state “insufficienti e contraddittorie” (secondo il presidente Claudio Scajola, Forza Italia) o peggio “imbarazzanti” (per dirla come il vice Massimo Brutti, diessino). Ed è quasi normale che a questo punto unanime sia la speranza che il governo ponga mano quanto prima al ricambio dei vertici dei servizi. Perché da qualsiasi angolazione la si voglia vedere, il titolare dell’ufficio “disinformazione” del Sismi di via Nazionale e braccio destro di Pollari non ha fornito una sola spiegazione convincente a quello che le indagini della procura milanese ha portato alla luce in questi mesi.
Al centro della scena lui, l’ex dipendente Telecom abruzzese e professore universitario a contratto diventato di colpo braccio destro del direttore del servizio segreto militare e fatto assumere proprio da Niccolò Pollari in pianta stabile al Sismi grazie alle “raccomandazioni” del fondatore del San Raffaele Don Verzè (l’ha spiegato lui stesso). Curvo, quasi ingobbito dietro agli spessi occhiali da miope con la montatura pesante, a San Macuto Pompa ha deciso di rompere il silenzio tenuto in procura a Milano e, con in tasca una autorizzazione del ministero della Difesa e un più che probabile invito a presentarsi caldeggiato dal suo superiore Pollari, con i membri del Copaco si è impegnato in una lungo e confuso slalom. “Sono qui per difendermi - ha spiegato –, perché i giornali ne hanno dette di tutti i colori sul mio conto. Sono stato dipinto come un inquinatore, ma io non ho fatto nulla”. Parole che contrastano in maniera stridente con quanto emerso dall’inchiesta milanese sul rapimento Abu Omar (nella quale è indagato per favoreggiamento) che ha messo in luce i tentativi del Sismi di controllare tanto l’attività di alcuni giornalisti (sottoposti persino a intercettazioni telefoniche) quanto quella dei magistrati Spataro e Pomarici (anche grazie all’opera del vicedirettore di LIbero Renato Farina, che peraltro ha chiesto di essere sentito dal Copaco presentando una lunga memoria difensiva). “Farina non era retribuito, le ricevute di pagamento erano soltanto relative ad alcuni rimborsi. – si è limitato a spiegare Pompa, che al Copaco di è presentato con due trolley carichi di carte e che ha consegnato un voluminoso dossier di documenti personali –. Io avevo rapporti con molti giornalisti di molte testate. Anche arabi”. Giornalisti di cui Pompa non ha esitato a fare nomi e cognomi.
Spinoso il capitolo relativo al dossier rinvenuto in via Nazionale sulla struttura dei nemici del governo Berlusconi da “disarticolare” anche con mezzi traumatici: “Quel documento mi è arrivato da un anonimo a L’Aquila – ha spiegato –. Lo avevo dimenticato, è rimasto per molti mesi in una borsa”. Eppure, stando almeno alle ricostruzioni della procura di Milano, Pompa è stato ispiratore di una campagna di stampa diffamatoria contro Romano Prodi. “Ma io sono figlio di operai, da giovane ero comunista – si è difeso – e diffondevo l’Unità. Ho persino fatto una tesi di laurea su Togliatti e il Mezzogiorno. E alle ultime elezioni ho votato per Romano Prodi”.
Ma per certi versi, davanti al Copaco Pompa ha persino scaricato il suo benefattore Pollari smentendo di avere avuto un ruolo nella diffusione di un’altra polpetta avvelenata contro Prodi, ossia quella dell’ormai famigerato dossier Telekom Serbia. Versione accreditata dallo stesso Pollari ai magistrati del capoluogo piemontese. “Io non ho confezionato nulla – ha raccontato Pompa – nel 2001 raccolsi un’interrogazione parlamentare dell’onorevole Bocchino e la consegnai a Pollari. Io non c’entro nulla”. Verità o bugie, difficile capirlo. Lapidario in proposito il commento di Milziade Caprili (Rifondazione) all’uscita da San Macuto: “Pompa non mi ha convinto neanche quando ci ha detto come si chiama”.
Massimo Solani
l'Unità 8 novembre
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