martedì, luglio 17, 2007

Provocazioni in divisa

Il 20 luglio saranno passati sei anni dalla morte di Carlo Giuliani e, come ogni anno dal 2001 a questa parte, il movimento si ritroverà a piazza Alimonda per la consueta commemorazione. Ma la piazza quest’anno rischia di essere troppo piccola, visto che il sindacato Coisp (il coordinamento per l’indipendenza sindacale delle forze di polizia, una delle sigle maggiormente rappresentative della categoria con i suoi circa sei mila iscritti) per quel giorno ha organizzato nello stesso luogo una manifestazione ed un dibattito dal titolo “L’estintore come strumento di pace”. Fra gli invitati anche Mario Placanica, il carabiniere (ormai ex) che uccise Carlo Giuliani sparando un colpo di pistola che lo raggiunse in pieno volto. Una scelta che a molti è parsa una vera provocazione. «Bhè, per certi versi lo è - spiega il segretario generale del Coisp Franco Maccari -. In quei giorni a Genova ci saranno dibattito come “Premiata macelleria italiana, chi controlla le forze di polizia?” e non possiamo più accettare questo stillicidio. Quello che ci interessa è entrare anche noi nel dibattito, confrontarci e affrontare i nodi del G8. Ma avere anche noi diritto di parola». Peccato che uscite di questo tipo non fanno altro che esasperare ancora di più gli animi. «Sì, probabilmente c’è questo rischio - prosegue Maccari - ma io non posso preoccuparmi di queste cose ogni volta che voglio poter dire cose assolutamente normali. Chi organizza manifestazioni di segno opposto, peraltro usando quei toni, si è mai posto il problema se quelle azioni potevano esasperare gli animi di coloro che prestano la propria opera al servizio dei cittadini. Chi vuole esprimere le proprie opinioni, in maniera pacifica si intende, ha il diritto di farlo liberamente».
Una brutta rogna che rischia di diventare un serio problema di ordine pubblico. «Noi siamo disposti ad accettare qualsiasi confronto sui fatti del G8 - commentava ieri Haidi Giuliani - Certo, non a piazza Alimonda e non il 20 luglio». «La sola idea di una simile manifestazione nella ricorrrenza dell'uccisione di Carlo Giuliani e contemporaneamente alle iniziative annunciate dal movimento - hanno poi accusato i capigruppo parlamentari del Prc Gennaro Migliore e Giovanni Russo Spena - dimostra che in alcuni settori della polizia albergano ancora le stesse pulsioni che esplosero tragicamente sei anni fa a Genova».

Massimo Solani, l'Unità 17 luglio

martedì, luglio 10, 2007

Campioni del mondo, un anno dopo

E' passato un anno dalla finale di Berlino, dalla gioia della coppa del mondo riportata in Italia. Ne è passata di acqua sotto ai ponti in questi 365 giorni... ricordo quella domenica, una giornata di lavoro pesantissimo in redazione, a Roma. Ricordo che mi toccò preparare alcuni articoli "freddi" (da scrivere prima della partita) nell'eventualità che l'Italia perdesse la finale con la Francia. Alla faccia della scaramanzia. Questo è uno di quegli articoli mai usciti. Oggi, a distanza di un anno posso dire che forsò portò bene anche questo.


Maledetti Francesi

Maledetti francesi, e non ce ne vogliano gli amici d’Oltralpe. Il cammino azzurro verso quel successo che ormai manca da ventiquattro anni si è fermato ancora una volta davanti al canto del gallo, anzi dei galletti. Ancora una volta, una maledettissima volta. Come in Francia nel ‘98, come in Olanda nel 2000 così in Germania sei anni più tardi. Diverse le facce, stesso il finale. Noi in lacrime, loro a brindare a champagne e Marsigliese. Noi sconfitti, loro campioni: del mondo, oggi come otto anni fa dopo i rigori di Saint Denise, d’Eropa grazie al golden gol di Trezeguet a Rotterdam in quell’Europeo olandese. Maledetto, com’è maledetto oggi l’Olympiastadion di Berlino, tirato a lucido e rimesso a nuovo con un milionario maquillage. Settant’anni dopo l’oro olimpico del calcio con la nazionale guidata da Pozzo, la Nazionale azzurra si ferma di nuovo ad un passo dal trionfo. Terza sconfitta in sei finali mondiali, la prima contro una squadra europea. Che non poteva che essere la Francia. E adesso sappiamo davvero come si sentono i tedeschi: per loro ItaliaGermania (tutta una parola, come ha scritto giustamente Marco Bucciantini) è un sorso unico di cicuta da bere almeno una volta per ogni generazione. Per noi FranciaItalia (ora tutto attaccato, anche questa) è l’incubo degli ultimi dieci anni, la speranza frustrata di una rivincita che non è mai catarsi. “Chi fa il prossimo ha vinto”, si diceva da bambini giocando in giardino. Eppure vincono sempre loro. Maledetti francesi.

Racconta la leggenda che, sconfitto ancora una volta da Miguel Indurain, Gianni Bugno un giorno si abbandonò al più amaro degli sfoghi: «Ma chi me l’ha fatto fare di nascere negli stessi anni di quello lì?». Oggi le parole tristi del più malinconico dei ciclisti italiani calzano a pennello per la nostra speranza ancora una volta disillusa. Ma chi ce l’ha fatto fare, a noi italiani, di nascere e crescere negli anni dello splendore di questa generazione meticcia di francesi dai piedi fatati? I Thuram, i Barthez, i Trezeguet, gli Henry, i Sagnol... campioni del Mondo, campioni d’Europa e ancora campioni del Mondo. Sempre a nostro scorno. Ma soprattutto Zinedine Zidane, il talento europeo più puro degli ultimi 10 anni. Il primo ballerino che ieri ha danzato per l’ultima volta sulle macerie dell’Italia calcistica. Ultima recita sul più luminoso dei palcoscenici prima di uscire dalla scena. In silenzio e con discrezione, come sempre. «Merci Zizou»: grazie di tutto, anima berbera cresciuta nelle strade di Castellane. Da oggi sarai il pensionato più felice del mondo, e se ne faccia una ragione pure quel Michel Platini. Forse lui è davvero il calciatore francese più forte di tutti i tempi e tu soltanto il secondo. Però c’è una cosa che fa di te il più amato dai francesi: quelle due coppe del mondo, le uniche vinte dai transalpini, alzate davanti alla nazione. E da capitano. Gioie che Platinì può solo sognare.

E pazienza se amche ieri a noi è toccato il ruolo di spalla nella tua ultima esibizione. Il trionfo di Mohammed Alì a Kinshasa non sarebbe tale senza un George Foreman sconfitto e con la faccia gonfia, l’urlo di Tardelli al Santiago Bernabeu prevede necessariamente un Toni Schumacher battuto raccogliere la palla nel sacco. Nel giorno dei grandi trionfi (ma quelli grandi davvero, quelli che fanno la storia) c’è sempre un perdente. È il tempo a nobilitarlo, elevandone in un certo senso la dignità in quel limbo riservato ai testimoni oculari delle volte importanti del destino.

Passerà il tempo, e curerà anche questa ferita come ha curato quelle delle altre finali perse, quelle di “Italia 90” con la splendida cavalcata dei ragazzi di Azeglio Vicini inchiodati ai rigori in semifinale al San Paolo dalle magie irridenti di Maradona e dalla “parrucca” bionda di Caniggia. E Fabio Cannavaro c’era anche quel giorno: raccattapalle allora, capitano della Nazionale oggi. Dalle lacrime alle lacrime, andata e ritorno in sedici anni. «Datemi la Francia, voglio la rivincita», aveva detto lo scugnizzo dopo la vittoria con la Germania. «Penso alla finale dell’Europeo 2000 e ai rigori del ‘98 a Parigi - aveva spiegato -. Ce la dovremo sudare, rischiare. E vincere». E Fabio da Fuorigrotta c’era anche allora: quando i rigori sciagurati di Albertini e Di Biagio (maledetta traversa) ci negarono la semifinale di un campionato del mondo organizzato e vinto dai francesi, senza alcun rispetto per l’ospitalità. E c’era anche quando gli stessi galletti ci soffiarono di sotto il naso l’Europeo due anni dopo. Con la coppa già infiocchettata per il nostro trionfo (in vantaggio 1-0 grazie ad un gol di Marco Del Vecchio), con Alessandro Del Piero che per due volte sbaglia il raddoppio in contropiede e con Wiltord, appena entrato, che segna il pareggio ormai in pieno recupero. E poi i supplementari, la morte negli occhi di una intera nazione risvegliata di colpo dal sogno tanto cullato, i nostri giocatori “cotti” e il sinistro di Trezeguet ad ammazzarci in cuore ogni residua speranza. “Sudden Death”, morte improvvisa, come si chiamava il golden gol prima che la Fifa decidesse di ritoccarne il nome e smorzarne i toni drammatici. Ma c’è poco da smorzare quando superi una semifinale in dieci contro i padroni di casa con Toldo che para tre rigori (dei quattro sbagliati dagli orange), quando conduci una finale e sei raggiunto al 90°, prima del colpo di grazia ai supplementari. Era e resta “morte improvvisa”, alla faccia delle formulette politicamente corrette.

E allora, maledetti francesi ancora una volta. Oggi a Berlino come a Rotterdam sei anni fa e a Parigi due anni prima. Che davvero non ne possiamo più di vedervi festeggiare trionfanti con la coppa sugli Champs-Elisée, mentre a noi non resta altro che trovare il modo di far passare il groppo in gola e asciugarsi le lacrime. Perché in fondo è solo calcio, soltanto uno sport. Ma fa maledettamente male lo stesso.

Massimo Solani

sabato, luglio 07, 2007

Domenica 8 luglio, Viareggio

Domani sera, domenica 8 luglio, a Viareggio. Stadio dei Pini.
Dibattito con don Luigi Ciotti (presidente di Libera) e l'on. Giovanni Russo Spena (Rif. Comunista) alla festa di Liberazione. Tema: "Mafia ed antimafia a 25 anni dall’omicidio di Pio La Torre".
Modera, immeritatamente, il sottoscritto. E come al solito, quando don Ciotti chiama, si risponde presenti.

giovedì, luglio 05, 2007

Il Sismi contro i magistrati. Ma il governo sapeva?


I magistrati indagavano, le barbe finte del servizio segreto militare spiavano, tramavano e si davano da fare per bloccarne il lavoro. Un corpo dello stato, alle dirette dipendenze del governo, impegnato a sabotare il lavoro della magistratura, di quella parte di essa considerata portatrice «di pensieri e strategie destabilizzanti e vicini ai partiti della passata maggioranza di centro sinistra». Toghe rosse, per dirla con il linguaggio di Silvio Berlusconi. Ossia del presidente del Consiglio cui il Sismi faceva riferimento (e da cui prendeva ordini, va da sè) fra il 2001 e il 2006, quando il braccio destro di Niccolò Pollari, Pio Pompa, raccoglieva dossier nell’ufficio di via Nazionale. È un quadro da golpe strisciante quello descritto nella risoluzione approvata ieri dal plenum del Csm «a tutela dell’indipendente esercizio della giurisdizione, dei magistrati attinti dalla attività del Sismi».
Un documento (relatore Fabio Roia, togato di Unicost) che attraverso le carte sequestrate nell’ufficio di via Nazionale e trasmesse dalla procura di Milano che sta indagando sul rapimento di Abu Omar, ricostruisce anni di frenetica attività ad opera di uomini del servizio segreto militare contro il lavoro di oltre duecento toghe, italiane e non. Non servitori infedeli dello stato, non settori deviati dei servizi. Il giudizio del Csm è netto e durissimo: «a partire dall’inizio dell’estate del 2001 (e cioè da epoca immediatamente successiva alle elezioni del maggio dello stesso anno) ebbe inizio, nei confronti di alcuni magistrati italiani ed europei e delle associazioni di riferimento degli stessi (in particolare Magistratura democratica e Medel), una attività di intelligence da parte del Sismi protrattasi, in modo capillare e continuativo, sino al settembre 2003 e, in modo saltuario, sino al maggio 2006. Tale attività - si legge nella risoluzione - fu oggetto di ripetute informazioni al direttore del Servizio e sembra, quindi, riferibile, al Sismi in quanto tale e non a suoi “settori deviati”». Una tesi simile a quella condotta dalla procura di Roma (il procuratore della Repubblica Giovanni Ferrara e il sostituto Pietro Saviotti sono stati ascoltati dalla prima commissione di palazzo dei Marescialli la scorsa settimana) che non a caso per la vicenda dei dossier segreti di via Nazionale ha iscritto nel registro degli indagati l’ex direttore del Sismi, Niccolò Pollari e il suo braccio destro Pio Pompa.
In quelle carte trasmesse dalla procura milanese il 18 dicembre del 2006, il Csm ha visto delinearsi una strategia che nei documenti sequestrati a Pio Pompa era descritta come «neutralizzazione di iniziative, politico-giudiziarie, riferite direttamente a esponenti della attuale maggioranza di governo e/o di loro familiari (anche attraverso l’adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti), sedi: Milano, Torino, Roma e Palermo; neutralizzazione o al più ridimensionamento di attività aggressive, politico-giudiziarie, provenienti dall’estero, paesi di interesse: Spagna, Inghilterra». Un impegno che, secondo gli appunti del Sismi, poteva essere condotto anche da «un team di soggetti di riferimento», «persone legate ideologicamente a chi opera la regia dell’iniziativa in questione». Gente tipo il magistrato «rivestente qualificato incarico di supporto governativo» disposto a passare informazioni al Sismi sull’attività dei propri colleghi e di quegli apparati potenzialmente nocivi. «Allarmanti elementi di pericolosità» di cui il magistrato, non identificato, avrebbe persino «fornito informazioni a esponenti del governo in carica». Ed è questo un punto su cui vale la pena chiedere risposte a chi sin qua si è guardato bene dal darle: membri del governo Berlusconi erano informati delle iniziative di questa gente che passava veline e mezzi sussurri al Sismi. E cosa sapevano Berlusconi e il braccio destro Gianni Letta?
Perché le migliaia di schede e dossier sequestrati nell’ufficio di Pio Pompa raccontano una storia incredibile. Di elezioni per il rinnovo del Comitato direttivo centrale dell’Anm adeguatamente monitorate per evitare che l’associazione si attesti «su posizioni radicali e soprattutto antigovernative». Di organismi internazionali della magistratura spiati (come l’Olaf, l'ufficio europeo per la lotta antifrode); di associazioni monitorate sia in Italia che all’estero (Magistratura Democratica, su tutte, ma anche il Medel di cui era stata violata la corrispondenza elettronica); di magistrati pedinati, fin dentro i palazzi di giustizia, nei loro spostamenti e nei loro rapporti. Esemplare è il “promemoria” circa la «rete informativa utilizzata dal magistrato francese di collegamento presso il ministero della Giustizia, Emmanuel Barbe» e sui suoi rapporti «con diversi esponenti del movimento dei “giuristi militanti”». Ossia Md e il Medel, la Ong «Magistrats européens pour la Democratie et les Libertés» presieduta da Ignazio Patrone.
Una attività, secondo il Csm, condotta anche grazie alla collaborazione del giornalista Renato Farina (radiato dall’Ordine dopo aver patteggiato una condanna a sei mesi per favoreggiamento nell’inchiesta sul rapimento di Abu Omar) e posta in essere dal Sismi attraverso «specifici interventi tesi a ostacolare o contrastare l’attività professionale o politico-culturale dei magistrati». Tutto al fine di «conseguire effetti di intimidazione nei confronti di alcuni e di cagionare perdita di credibilità nei confronti di altri, preposti a indagini e processi particolarmente delicati così aumentando le difficoltà nella collaborazione sopranazionale ed ostacolando, in maniera significativa, l’esercizio indipendente ed efficace della giurisdizione». Barbe finte contro toghe, spioni contro magistrati. E più in alto il governo Berlusconi. Che, qualcosa certo sapeva. Resta da capire ora chi dava gli ordini.

Massimo Solani, l'Unità 5 luglio

mercoledì, luglio 04, 2007

Una risata vi seppellirà...

E io che pensavo di avere almeno il dono dell'umorismo, il gusto per la battuta, il piacere della risata. Moderata o sguaiata che fosse. Osservo quotidianamente le vignette di Forattini pubblicate da Il Giornale e credo proprio di dovermi ricredere. Oggi l'apice... molto british, decisamente tagliente, direi quasi sferzante.

martedì, luglio 03, 2007

Una via non si nega a nessuno. O sì?

Fatto numero 1: a Bolzano non meglio precisati ambienti politici esprimono perplessità sull'idea di intitolare una via ad Alex Langer, l'eurodeputato verde ex giornalista, fino a far naufragare il progetto. Motivo? Si è suicidato, e a santa madre chiesa questo non piace. Figurarsi ai politici baciapile.

Fatto numero 2: il Consiglio Comunale di Roma approva una mozione che impegna il sindaco Veltroni ad intitolare una via della Capitale a Bettino Craxi.

Mia riflessione: in questo paese un pluripregiudicato latitante (due condanne definitive: 5 anni e 6 mesi per corruzione, 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito al partito) è persona più degna di essere ricordata su una targa in marmo all'angolo di una strada rispetto ad un intellettuale pacifista che ha dedicato la vita alla ricerca di una pacifica convivenza fra genti e culture.

Povera Italia.