giovedì, luglio 05, 2007

Il Sismi contro i magistrati. Ma il governo sapeva?


I magistrati indagavano, le barbe finte del servizio segreto militare spiavano, tramavano e si davano da fare per bloccarne il lavoro. Un corpo dello stato, alle dirette dipendenze del governo, impegnato a sabotare il lavoro della magistratura, di quella parte di essa considerata portatrice «di pensieri e strategie destabilizzanti e vicini ai partiti della passata maggioranza di centro sinistra». Toghe rosse, per dirla con il linguaggio di Silvio Berlusconi. Ossia del presidente del Consiglio cui il Sismi faceva riferimento (e da cui prendeva ordini, va da sè) fra il 2001 e il 2006, quando il braccio destro di Niccolò Pollari, Pio Pompa, raccoglieva dossier nell’ufficio di via Nazionale. È un quadro da golpe strisciante quello descritto nella risoluzione approvata ieri dal plenum del Csm «a tutela dell’indipendente esercizio della giurisdizione, dei magistrati attinti dalla attività del Sismi».
Un documento (relatore Fabio Roia, togato di Unicost) che attraverso le carte sequestrate nell’ufficio di via Nazionale e trasmesse dalla procura di Milano che sta indagando sul rapimento di Abu Omar, ricostruisce anni di frenetica attività ad opera di uomini del servizio segreto militare contro il lavoro di oltre duecento toghe, italiane e non. Non servitori infedeli dello stato, non settori deviati dei servizi. Il giudizio del Csm è netto e durissimo: «a partire dall’inizio dell’estate del 2001 (e cioè da epoca immediatamente successiva alle elezioni del maggio dello stesso anno) ebbe inizio, nei confronti di alcuni magistrati italiani ed europei e delle associazioni di riferimento degli stessi (in particolare Magistratura democratica e Medel), una attività di intelligence da parte del Sismi protrattasi, in modo capillare e continuativo, sino al settembre 2003 e, in modo saltuario, sino al maggio 2006. Tale attività - si legge nella risoluzione - fu oggetto di ripetute informazioni al direttore del Servizio e sembra, quindi, riferibile, al Sismi in quanto tale e non a suoi “settori deviati”». Una tesi simile a quella condotta dalla procura di Roma (il procuratore della Repubblica Giovanni Ferrara e il sostituto Pietro Saviotti sono stati ascoltati dalla prima commissione di palazzo dei Marescialli la scorsa settimana) che non a caso per la vicenda dei dossier segreti di via Nazionale ha iscritto nel registro degli indagati l’ex direttore del Sismi, Niccolò Pollari e il suo braccio destro Pio Pompa.
In quelle carte trasmesse dalla procura milanese il 18 dicembre del 2006, il Csm ha visto delinearsi una strategia che nei documenti sequestrati a Pio Pompa era descritta come «neutralizzazione di iniziative, politico-giudiziarie, riferite direttamente a esponenti della attuale maggioranza di governo e/o di loro familiari (anche attraverso l’adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti), sedi: Milano, Torino, Roma e Palermo; neutralizzazione o al più ridimensionamento di attività aggressive, politico-giudiziarie, provenienti dall’estero, paesi di interesse: Spagna, Inghilterra». Un impegno che, secondo gli appunti del Sismi, poteva essere condotto anche da «un team di soggetti di riferimento», «persone legate ideologicamente a chi opera la regia dell’iniziativa in questione». Gente tipo il magistrato «rivestente qualificato incarico di supporto governativo» disposto a passare informazioni al Sismi sull’attività dei propri colleghi e di quegli apparati potenzialmente nocivi. «Allarmanti elementi di pericolosità» di cui il magistrato, non identificato, avrebbe persino «fornito informazioni a esponenti del governo in carica». Ed è questo un punto su cui vale la pena chiedere risposte a chi sin qua si è guardato bene dal darle: membri del governo Berlusconi erano informati delle iniziative di questa gente che passava veline e mezzi sussurri al Sismi. E cosa sapevano Berlusconi e il braccio destro Gianni Letta?
Perché le migliaia di schede e dossier sequestrati nell’ufficio di Pio Pompa raccontano una storia incredibile. Di elezioni per il rinnovo del Comitato direttivo centrale dell’Anm adeguatamente monitorate per evitare che l’associazione si attesti «su posizioni radicali e soprattutto antigovernative». Di organismi internazionali della magistratura spiati (come l’Olaf, l'ufficio europeo per la lotta antifrode); di associazioni monitorate sia in Italia che all’estero (Magistratura Democratica, su tutte, ma anche il Medel di cui era stata violata la corrispondenza elettronica); di magistrati pedinati, fin dentro i palazzi di giustizia, nei loro spostamenti e nei loro rapporti. Esemplare è il “promemoria” circa la «rete informativa utilizzata dal magistrato francese di collegamento presso il ministero della Giustizia, Emmanuel Barbe» e sui suoi rapporti «con diversi esponenti del movimento dei “giuristi militanti”». Ossia Md e il Medel, la Ong «Magistrats européens pour la Democratie et les Libertés» presieduta da Ignazio Patrone.
Una attività, secondo il Csm, condotta anche grazie alla collaborazione del giornalista Renato Farina (radiato dall’Ordine dopo aver patteggiato una condanna a sei mesi per favoreggiamento nell’inchiesta sul rapimento di Abu Omar) e posta in essere dal Sismi attraverso «specifici interventi tesi a ostacolare o contrastare l’attività professionale o politico-culturale dei magistrati». Tutto al fine di «conseguire effetti di intimidazione nei confronti di alcuni e di cagionare perdita di credibilità nei confronti di altri, preposti a indagini e processi particolarmente delicati così aumentando le difficoltà nella collaborazione sopranazionale ed ostacolando, in maniera significativa, l’esercizio indipendente ed efficace della giurisdizione». Barbe finte contro toghe, spioni contro magistrati. E più in alto il governo Berlusconi. Che, qualcosa certo sapeva. Resta da capire ora chi dava gli ordini.

Massimo Solani, l'Unità 5 luglio

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