sabato, marzo 15, 2008

Il diktat dei Casalesi: chi parla muore

Lo scrittore simbolo, il magistrato antimafia e la cronista coraggiosa. È per colpa loro che il processo non può svolgersi serenamente e va spostato in altro luogo. Perché quei tre col loro lavoro danno fastidio, raccontano la verità e rischiano così di condizionare i giudici. Un atto di accusa che suona come una minaccia nel silenzio dell’aula bunker di Poggioreale: danno fastidio, sono nemici nostri. Quei tre sono Roberto Saviano, lo scrittore di “Gomorra”, la cronista de Il Mattino Rosaria Capacchione (nella foto) e il pubblico ministero della Dda di Napoli Raffaele Cantone. Tutti e tre indicati con nome e cognome dai boss della camorra casertana Francesco Bidognetti e Antonio Iovine nella lunga istanza che gli avvocati hanno letto in aula per richiedere il trasferimento in altra sede del processo «per legittima suspicione». Perché i magistrati di Napoli, hanno scritto gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello, non posso giudicare serenamente sulla sorte del processo d’appello “Spartacus”, che sta alla camorra dei Casalesi come il maxi processo celebrato a Palermo alla mafia siciliana, vista la trama nella gestione dei pentiti ordita dal pubblico ministero e dalla Dda tutta in combutta coi giornalisti “prezzolati”. «A questa situazione disarmante per la coscienza civile - è scritto nell’istanza su cui si esprimerà la Cassazione - si aggiungono i soliti giornalisti prezzolati della Procura e, tra essi, ci si riferisce espressamente alla cronista de Il Mattino Rosaria Capacchione e al noto romanziere Roberto Saviano che, sulle ceneri della Camorra, con l’aiuto di qualche magistrato alla ricerca di pubblicità, cercano successo professionale che nulla a che vedere con il sacrosanto diritto di cronaca».
Parole che sanno di avvertimento e di minaccia. Perché, hanno spiegato gli avvocati difensori di Bidognetti e del latitante Iovine, «alcuni articoli di cronaca comparsi sui quotidiani non hanno alcuna spiegazione se non quella di creare un condizionamento nella libertà di determinazione nei giudici che partecipano al processo». «L’intervento di Roberto Saviano sul silenzio legato alla sentenza Spartacus (21 ergastoli e 95 condanne per associazione camorristica a uomini e fiancheggiatori del clan dei Casalesi, la più potente organizzazione del “Sistema” ndr) non può non turbare gli animi dei giudici definiti dal prezzolato pseudogiornalista come degli inetti, incapaci, insensibili alla sete di giustizia della collettività. È solo un invito rivolto al signor Saviano e ad altri come lui a fare bene il proprio lavoro e a non essere la penna di chi è mosso da fini ben diversi rispetto a quello di eliminare la criminalità organizzata».
Eppure, stando almeno ai fatti, si direbbe che “il loro lavoro” tanto Saviano quanto la Capacchione lo facciano da tempo. E bene. E proprio per questo da anni vivono nell’incubo. Semplicemente per aver fatto quello che sanno fare: indagare sugli affari milionari dei clan, scoprire intrecci e interessi, e poi raccontarlo con coraggio e precisione. Proprio per questo da quando il libro Gomorra è diventato un successo planetario (è stato acquistato in 32 paesi e già tradotto fra gli altri in Germania Francia, Svezia, Danimarca, Finlandia, e Spagna dove è stato primo in classifica per diverse settimane) Saviano è costretto a vivere blindato costantemente seguito dagli angeli della sua scorta. Quella protezione che, però, nessuno ha mai accordato a Rosaria Capacchione nonostante nel corso di una udienza il collaboratore di giustizia Dario De Simone, numero tre del clan dei Casalesi, abbia rivelato dell’esistenza di un piano, risalente alla fine degli anni ‘90, per ammazzarla. Ed era stato sempre De Simone, davanti ai pm antimafia e poi in aula, a raccontare dell’odio della famiglia Schiavone nei confronti della cronista de Il Mattino «per il fastidio che dava coi i suoi articoli». A lei, come a Saviano e a Cantone, ieri sono arrivati tantissimi messaggi di solidarietà da parte di uomini politici, sindacati, amministratori locali ed associazioni di categoria. Secca la risposta del capo della Dda di Napoli Franco Roberti: «Gli imputati Bidognetti e Iovine avranno le risposte che meritano nelle sedi competenti».

Massimo Solani, l'Unità 15 marzo

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Massimo,

sai se sia possibile recuperare online il testo dell'istanza letta da Santonastaso, o si tratta di documenti processuali ancora non pubblici?
Grazie, se potrai
Chiara

Max ha detto...

Ciao Chiara, purtroppo non posseggo il testo integrale dell'istanza. E' stato letto in aula ed ho soltanto degli appunti. Credo comunque che, essendo un atto processuale, sia pubblico e che tu possa facilmente reperirlo. O dai pubblici ministeri, o dagli avvocati. Sia quelli di parte civile che dai difensori. O magari attraverso i colleghi de Il Mattino.
Mi spiace non poterti aiutare di più.