
«Gestione moderata»
Eppure, a meno di due mesi dalla conclusione del vertice, tutto il mondo aveva già avuto modo di vedere i filmati e le fotografie delle violenze di strada, delle cariche contro il corteo pacifico e della tanto macabra quanto indisturbata azione dei black block. Non abbastanza, evidentemente, per ammettere un fallimento evidenziato dagli organi di stampa di tutto il globo. «In una situazione di questo tipo - spiega infatti la relazione - la linea scelta dal governo Berlusconi e l’azione delle forze dell’ordine sono state, sul terreno dell’ordine pubblico, certamente positive». Anche perché, secondo il centrodestra, i giorni del vertice erano stati preceduti da un costruttivo dialogo con il Genoa Social Forum: si sono stanziati «fondi per l’accoglienza e a impartire precise direttive alle forze dell’ordine per una gestione moderata e ferma dell’ordine pubblico». Precise direttive che evidentemente a qualcuno devono essere sfuggite. Non si spiegherebbero altrimenti il numero spaventoso dei manifestanti rimasti feriti e le teste spaccate immortalate in foto che sono diventate la cifra reale della violenza che ha contraddistinto l’operato di interi settori delle forze dell’ordine.
Quelle torture ordinarie
Emblematico il caso del lager di Bolzaneto e delle sevizie subito da quanti ebbero la sfortuna di transitare nella struttura dopo il fermo. Racconti e denunce che hanno dato avvio all’inchiesta della magistratura genovese che ha parlato di «comportamenti vicini alla tortura» (44 richieste di condanna per ispettori di pg, funzionari di polizia e medici per un totale di 76 anni di carcere) ma sulle quali il comitato è stato cieco muto e sordo. Spingendosi addirittura a sancire che «nulla è dato da rilevare circa la palese legittimità della gestione effettuata da parte della polizia penitenziaria. In particolar modo (...) nulla può essere eccepito circa il pieno rispetto delle prassi concernenti le visite mediche, le perquisizioni e le ispezioni personali e circa le modalità del loro trattenimento in attesa di traduzione al carcere, sempre finalizzate al mantenimento dell’ordine tra gli arrestati e tra loro ed il personale operante». Del resto, scriveva la maggioranza di centrodestra del comitato, i racconti degli arrestati potevano non essere credibili: «Corre l’obbligo di richiamare le denunzie della Questura di Genova che, a seguito di intercettazioni ambientali, avrebbe acquisito elementi circa la preordinazione strumentale da parte di taluni degli arrestati di accuse infondate».
Tutte le bugie della Diaz
Non va meglio nella parte delle conclusioni riservata all’irruzione nella scuola Diaz la sera del sabato, quando gran parte dei manifestanti era già ripartita e i cortei si erano conclusi da ore. Chi era là dentro raccontò di una vera mattanza, di ragazzi svegliati in piena notte dai calci degli anfibi, di manganellate al buio e di teste sbattute contro muri e termosifoni. In ospedale finirono praticamente tutti i fermati. Per giustificare la tonnara, si scoprì poi, erano state confezionate prove false (due molotov sequestrate nel pomeriggio vennero trasportate nella scuola) mentre il bottino dell’operazione fu praticamente nullo. Eppure il centrodestra non mancò di rilevare «la legittimità della decisione di procedere alla perquisizione» nella convinzione «che presso l’istituto fossero occultate armi». Mesi più tardi si scoprì anche che alcuni dirigenti avevano messo in scena la farsa del giubbotto antiproiettile squarciato da una coltellata per giustificare la reazione violenta degli agenti, ma la Commissione in quel settembre aveva già deciso la sua verità: «A ragione fu predisposta una forza operativa adeguata a fronteggiare una decisa resistenza. Tale determinata resistenza è infatti ampiamente documentata e fu tale da comportare una decisa forza per vincere e superare la condotta degli occupanti, al fine di tutelare la stessa incolumità del personale». E le teste spaccate? E le braccia spezzate di quanti, inermi, cercavano di difendersi ancora distesi nei sacchi a pelo? «Sono emersi taluni eccessi compiuti da singoli esponenti delle forze di polizia. L’accertamento dei fatti è demandato all’autorità giudiziaria».
Massimo Solani, l'Unità 22 marzo
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