
Sono passati soltanto diciotto mesi, eppure qualcuno deve aver cambiato radicalmente idea. E soprattutto, non deve aver avvertito il ministro della Giustizia Alfano. Perché il tema dell’uso delle intercettazioni telefoniche non è certo una novità nell’agenda politica italiana. Semmai, gli elementi inediti sono le argomentazioni usate oggi dal centrodestra per agitare lo spettro del Grande Fratello e giustificare un duro intervento normativo. Argomenti che incautamente il Guardasigilli ha utilizzato di fronte alla Commissione Giustizia della Camera soltanto pochi giorni fa (sbandierando dati falsi e parziali, come hanno dimostrato tutte le inchieste giornalistiche), ma che lo stesso organo del Senato aveva smontato diciotto mesi fa in una relazione approvata all’unanimità. Ossia votata anche dai senatori di quello stesso centrodestra che ora si straccia le vesti e chiede una legge che fermi lo scempio investigativo. Due, in particolare, le domande da cui prendeva le mosse l’indagine conoscitiva: in Italia si fanno troppe intercettazioni? E per troppi reati? «Spesso - è la risposta fornita dal documento conclusivo - si risponde a tali quesiti ricorrendo al confronto con gli Stati esteri e si ritiene di poter concludere con una “condanna” nei confronti del sistema italiano. Ma la realtà è ben diversa». E quello del confronto con gli altri stati è uno dei pezzi forti del ragionamento di Alfano, specie per quanto riguarda il numero delle utenze intercettate. Argomentazione confutata già 18 mesi fa. «Si osservi come, anche in paesi come la Francia o la Spagna o la Gran Bretagna o la Germania e persino gli Usa - era scritto nella relazione conclusiva dell’indagine conoscitiva - le intercettazioni siano di competenza soprattutto di autorità amministrative o di polizia, se non addirittura dei soli servizi di sicurezza». «Innanzitutto, per quanto alle volte utile e stimolante - proseguiva il documento approvato anche coi voti del centrodestra - non ha senso paragonare sistemi tra loro disomogenei; non ha senso in particolare paragonare i costi delle intercettazioni effettuate in Italia con i costi segnalati dall’estero, in quanto da noi le uniche intercettazioni legali sono quelle disposte dalla magistratura, mentre nei Paesi stranieri i controlli telefonici in questione vengono disposti ed effettuati principalmente da altro genere di autorita` (amministrative, di polizia o di sicurezza) che non fanno di certo conoscere facilmente casistica, numeri, dati e costi».
Argomento boomerang anche quello relativo al numero dei reati per cui l’ordinamento italiano prevede l’uso delle intercettazioni. Oggi, secondo il centrodestra, sono troppi. Diciotto mesi fa non era così: «non si può sostenere, nemmeno nel confronto con i sistemi normativi delle altre democrazie occidentali - si legge infatti nel testo approvato il 29 novembre 2006 anche con i voti del centrodestra - che il nostro sistema preveda un numero eccessivo di reati per i quali ex lege sia consentito disporre intercettazioni telefoniche. La semplice presa d’atto di quanto previsto negli Stati esteri già citati ci convince facilmente del contrario (...). La stessa durata delle intercettazioni e delle proroghe prevista nel nostro ordinamento non si discosta molto dalla durata di quanto consentito all’estero, anzi in alcuni casi la nostra normativa è sicuramente piu` restrittiva». Ora, qualcuno lo spieghi al ministro Alfano prima di altre figuracce.
Massimo Solani,
l'Unità 13 giugno
Questo articolo, non è piaciuto affatto al ministro Alfano. Che oggi al termine della conferenza conclusiva del consiglio dei ministri, non ha mancato di farmelo notare. Rispondendo piccato, peraltro, e usando una dichiarazione del suo predecessore Mastella. Giro a voi la domanda...
Guardate il filmato (dal minuto 11 in poi) e ditemi: sbaglio o le sue parole non smentiscono nulla di quanto scritto? Attendo suggerimenti da parte vostra.
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