giovedì, dicembre 20, 2007

Conto alla rovescia... poi si ricomincia


Cavolo.... sono già cinque mesi che non aggiorno il mio blog. Spiegare il perché sarebbe lungo e noioso, per cui ve la evito. Ma da gennaio si ricomincia, per la gioia di quanti in questi mesi mi hanno mandato mail per dimostrarmi la loro soddisfazione a non veder aggiornato questo spazio. E' finita la pacchia, si ricomincia. E con qualche novità, credo... ma vedrete.
Per ora colgo l'occasione per fare a tutti gli auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo (retorica come se piovesse). Ci si vede presto

martedì, luglio 17, 2007

Provocazioni in divisa

Il 20 luglio saranno passati sei anni dalla morte di Carlo Giuliani e, come ogni anno dal 2001 a questa parte, il movimento si ritroverà a piazza Alimonda per la consueta commemorazione. Ma la piazza quest’anno rischia di essere troppo piccola, visto che il sindacato Coisp (il coordinamento per l’indipendenza sindacale delle forze di polizia, una delle sigle maggiormente rappresentative della categoria con i suoi circa sei mila iscritti) per quel giorno ha organizzato nello stesso luogo una manifestazione ed un dibattito dal titolo “L’estintore come strumento di pace”. Fra gli invitati anche Mario Placanica, il carabiniere (ormai ex) che uccise Carlo Giuliani sparando un colpo di pistola che lo raggiunse in pieno volto. Una scelta che a molti è parsa una vera provocazione. «Bhè, per certi versi lo è - spiega il segretario generale del Coisp Franco Maccari -. In quei giorni a Genova ci saranno dibattito come “Premiata macelleria italiana, chi controlla le forze di polizia?” e non possiamo più accettare questo stillicidio. Quello che ci interessa è entrare anche noi nel dibattito, confrontarci e affrontare i nodi del G8. Ma avere anche noi diritto di parola». Peccato che uscite di questo tipo non fanno altro che esasperare ancora di più gli animi. «Sì, probabilmente c’è questo rischio - prosegue Maccari - ma io non posso preoccuparmi di queste cose ogni volta che voglio poter dire cose assolutamente normali. Chi organizza manifestazioni di segno opposto, peraltro usando quei toni, si è mai posto il problema se quelle azioni potevano esasperare gli animi di coloro che prestano la propria opera al servizio dei cittadini. Chi vuole esprimere le proprie opinioni, in maniera pacifica si intende, ha il diritto di farlo liberamente».
Una brutta rogna che rischia di diventare un serio problema di ordine pubblico. «Noi siamo disposti ad accettare qualsiasi confronto sui fatti del G8 - commentava ieri Haidi Giuliani - Certo, non a piazza Alimonda e non il 20 luglio». «La sola idea di una simile manifestazione nella ricorrrenza dell'uccisione di Carlo Giuliani e contemporaneamente alle iniziative annunciate dal movimento - hanno poi accusato i capigruppo parlamentari del Prc Gennaro Migliore e Giovanni Russo Spena - dimostra che in alcuni settori della polizia albergano ancora le stesse pulsioni che esplosero tragicamente sei anni fa a Genova».

Massimo Solani, l'Unità 17 luglio

martedì, luglio 10, 2007

Campioni del mondo, un anno dopo

E' passato un anno dalla finale di Berlino, dalla gioia della coppa del mondo riportata in Italia. Ne è passata di acqua sotto ai ponti in questi 365 giorni... ricordo quella domenica, una giornata di lavoro pesantissimo in redazione, a Roma. Ricordo che mi toccò preparare alcuni articoli "freddi" (da scrivere prima della partita) nell'eventualità che l'Italia perdesse la finale con la Francia. Alla faccia della scaramanzia. Questo è uno di quegli articoli mai usciti. Oggi, a distanza di un anno posso dire che forsò portò bene anche questo.


Maledetti Francesi

Maledetti francesi, e non ce ne vogliano gli amici d’Oltralpe. Il cammino azzurro verso quel successo che ormai manca da ventiquattro anni si è fermato ancora una volta davanti al canto del gallo, anzi dei galletti. Ancora una volta, una maledettissima volta. Come in Francia nel ‘98, come in Olanda nel 2000 così in Germania sei anni più tardi. Diverse le facce, stesso il finale. Noi in lacrime, loro a brindare a champagne e Marsigliese. Noi sconfitti, loro campioni: del mondo, oggi come otto anni fa dopo i rigori di Saint Denise, d’Eropa grazie al golden gol di Trezeguet a Rotterdam in quell’Europeo olandese. Maledetto, com’è maledetto oggi l’Olympiastadion di Berlino, tirato a lucido e rimesso a nuovo con un milionario maquillage. Settant’anni dopo l’oro olimpico del calcio con la nazionale guidata da Pozzo, la Nazionale azzurra si ferma di nuovo ad un passo dal trionfo. Terza sconfitta in sei finali mondiali, la prima contro una squadra europea. Che non poteva che essere la Francia. E adesso sappiamo davvero come si sentono i tedeschi: per loro ItaliaGermania (tutta una parola, come ha scritto giustamente Marco Bucciantini) è un sorso unico di cicuta da bere almeno una volta per ogni generazione. Per noi FranciaItalia (ora tutto attaccato, anche questa) è l’incubo degli ultimi dieci anni, la speranza frustrata di una rivincita che non è mai catarsi. “Chi fa il prossimo ha vinto”, si diceva da bambini giocando in giardino. Eppure vincono sempre loro. Maledetti francesi.

Racconta la leggenda che, sconfitto ancora una volta da Miguel Indurain, Gianni Bugno un giorno si abbandonò al più amaro degli sfoghi: «Ma chi me l’ha fatto fare di nascere negli stessi anni di quello lì?». Oggi le parole tristi del più malinconico dei ciclisti italiani calzano a pennello per la nostra speranza ancora una volta disillusa. Ma chi ce l’ha fatto fare, a noi italiani, di nascere e crescere negli anni dello splendore di questa generazione meticcia di francesi dai piedi fatati? I Thuram, i Barthez, i Trezeguet, gli Henry, i Sagnol... campioni del Mondo, campioni d’Europa e ancora campioni del Mondo. Sempre a nostro scorno. Ma soprattutto Zinedine Zidane, il talento europeo più puro degli ultimi 10 anni. Il primo ballerino che ieri ha danzato per l’ultima volta sulle macerie dell’Italia calcistica. Ultima recita sul più luminoso dei palcoscenici prima di uscire dalla scena. In silenzio e con discrezione, come sempre. «Merci Zizou»: grazie di tutto, anima berbera cresciuta nelle strade di Castellane. Da oggi sarai il pensionato più felice del mondo, e se ne faccia una ragione pure quel Michel Platini. Forse lui è davvero il calciatore francese più forte di tutti i tempi e tu soltanto il secondo. Però c’è una cosa che fa di te il più amato dai francesi: quelle due coppe del mondo, le uniche vinte dai transalpini, alzate davanti alla nazione. E da capitano. Gioie che Platinì può solo sognare.

E pazienza se amche ieri a noi è toccato il ruolo di spalla nella tua ultima esibizione. Il trionfo di Mohammed Alì a Kinshasa non sarebbe tale senza un George Foreman sconfitto e con la faccia gonfia, l’urlo di Tardelli al Santiago Bernabeu prevede necessariamente un Toni Schumacher battuto raccogliere la palla nel sacco. Nel giorno dei grandi trionfi (ma quelli grandi davvero, quelli che fanno la storia) c’è sempre un perdente. È il tempo a nobilitarlo, elevandone in un certo senso la dignità in quel limbo riservato ai testimoni oculari delle volte importanti del destino.

Passerà il tempo, e curerà anche questa ferita come ha curato quelle delle altre finali perse, quelle di “Italia 90” con la splendida cavalcata dei ragazzi di Azeglio Vicini inchiodati ai rigori in semifinale al San Paolo dalle magie irridenti di Maradona e dalla “parrucca” bionda di Caniggia. E Fabio Cannavaro c’era anche quel giorno: raccattapalle allora, capitano della Nazionale oggi. Dalle lacrime alle lacrime, andata e ritorno in sedici anni. «Datemi la Francia, voglio la rivincita», aveva detto lo scugnizzo dopo la vittoria con la Germania. «Penso alla finale dell’Europeo 2000 e ai rigori del ‘98 a Parigi - aveva spiegato -. Ce la dovremo sudare, rischiare. E vincere». E Fabio da Fuorigrotta c’era anche allora: quando i rigori sciagurati di Albertini e Di Biagio (maledetta traversa) ci negarono la semifinale di un campionato del mondo organizzato e vinto dai francesi, senza alcun rispetto per l’ospitalità. E c’era anche quando gli stessi galletti ci soffiarono di sotto il naso l’Europeo due anni dopo. Con la coppa già infiocchettata per il nostro trionfo (in vantaggio 1-0 grazie ad un gol di Marco Del Vecchio), con Alessandro Del Piero che per due volte sbaglia il raddoppio in contropiede e con Wiltord, appena entrato, che segna il pareggio ormai in pieno recupero. E poi i supplementari, la morte negli occhi di una intera nazione risvegliata di colpo dal sogno tanto cullato, i nostri giocatori “cotti” e il sinistro di Trezeguet ad ammazzarci in cuore ogni residua speranza. “Sudden Death”, morte improvvisa, come si chiamava il golden gol prima che la Fifa decidesse di ritoccarne il nome e smorzarne i toni drammatici. Ma c’è poco da smorzare quando superi una semifinale in dieci contro i padroni di casa con Toldo che para tre rigori (dei quattro sbagliati dagli orange), quando conduci una finale e sei raggiunto al 90°, prima del colpo di grazia ai supplementari. Era e resta “morte improvvisa”, alla faccia delle formulette politicamente corrette.

E allora, maledetti francesi ancora una volta. Oggi a Berlino come a Rotterdam sei anni fa e a Parigi due anni prima. Che davvero non ne possiamo più di vedervi festeggiare trionfanti con la coppa sugli Champs-Elisée, mentre a noi non resta altro che trovare il modo di far passare il groppo in gola e asciugarsi le lacrime. Perché in fondo è solo calcio, soltanto uno sport. Ma fa maledettamente male lo stesso.

Massimo Solani

sabato, luglio 07, 2007

Domenica 8 luglio, Viareggio

Domani sera, domenica 8 luglio, a Viareggio. Stadio dei Pini.
Dibattito con don Luigi Ciotti (presidente di Libera) e l'on. Giovanni Russo Spena (Rif. Comunista) alla festa di Liberazione. Tema: "Mafia ed antimafia a 25 anni dall’omicidio di Pio La Torre".
Modera, immeritatamente, il sottoscritto. E come al solito, quando don Ciotti chiama, si risponde presenti.

giovedì, luglio 05, 2007

Il Sismi contro i magistrati. Ma il governo sapeva?


I magistrati indagavano, le barbe finte del servizio segreto militare spiavano, tramavano e si davano da fare per bloccarne il lavoro. Un corpo dello stato, alle dirette dipendenze del governo, impegnato a sabotare il lavoro della magistratura, di quella parte di essa considerata portatrice «di pensieri e strategie destabilizzanti e vicini ai partiti della passata maggioranza di centro sinistra». Toghe rosse, per dirla con il linguaggio di Silvio Berlusconi. Ossia del presidente del Consiglio cui il Sismi faceva riferimento (e da cui prendeva ordini, va da sè) fra il 2001 e il 2006, quando il braccio destro di Niccolò Pollari, Pio Pompa, raccoglieva dossier nell’ufficio di via Nazionale. È un quadro da golpe strisciante quello descritto nella risoluzione approvata ieri dal plenum del Csm «a tutela dell’indipendente esercizio della giurisdizione, dei magistrati attinti dalla attività del Sismi».
Un documento (relatore Fabio Roia, togato di Unicost) che attraverso le carte sequestrate nell’ufficio di via Nazionale e trasmesse dalla procura di Milano che sta indagando sul rapimento di Abu Omar, ricostruisce anni di frenetica attività ad opera di uomini del servizio segreto militare contro il lavoro di oltre duecento toghe, italiane e non. Non servitori infedeli dello stato, non settori deviati dei servizi. Il giudizio del Csm è netto e durissimo: «a partire dall’inizio dell’estate del 2001 (e cioè da epoca immediatamente successiva alle elezioni del maggio dello stesso anno) ebbe inizio, nei confronti di alcuni magistrati italiani ed europei e delle associazioni di riferimento degli stessi (in particolare Magistratura democratica e Medel), una attività di intelligence da parte del Sismi protrattasi, in modo capillare e continuativo, sino al settembre 2003 e, in modo saltuario, sino al maggio 2006. Tale attività - si legge nella risoluzione - fu oggetto di ripetute informazioni al direttore del Servizio e sembra, quindi, riferibile, al Sismi in quanto tale e non a suoi “settori deviati”». Una tesi simile a quella condotta dalla procura di Roma (il procuratore della Repubblica Giovanni Ferrara e il sostituto Pietro Saviotti sono stati ascoltati dalla prima commissione di palazzo dei Marescialli la scorsa settimana) che non a caso per la vicenda dei dossier segreti di via Nazionale ha iscritto nel registro degli indagati l’ex direttore del Sismi, Niccolò Pollari e il suo braccio destro Pio Pompa.
In quelle carte trasmesse dalla procura milanese il 18 dicembre del 2006, il Csm ha visto delinearsi una strategia che nei documenti sequestrati a Pio Pompa era descritta come «neutralizzazione di iniziative, politico-giudiziarie, riferite direttamente a esponenti della attuale maggioranza di governo e/o di loro familiari (anche attraverso l’adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti), sedi: Milano, Torino, Roma e Palermo; neutralizzazione o al più ridimensionamento di attività aggressive, politico-giudiziarie, provenienti dall’estero, paesi di interesse: Spagna, Inghilterra». Un impegno che, secondo gli appunti del Sismi, poteva essere condotto anche da «un team di soggetti di riferimento», «persone legate ideologicamente a chi opera la regia dell’iniziativa in questione». Gente tipo il magistrato «rivestente qualificato incarico di supporto governativo» disposto a passare informazioni al Sismi sull’attività dei propri colleghi e di quegli apparati potenzialmente nocivi. «Allarmanti elementi di pericolosità» di cui il magistrato, non identificato, avrebbe persino «fornito informazioni a esponenti del governo in carica». Ed è questo un punto su cui vale la pena chiedere risposte a chi sin qua si è guardato bene dal darle: membri del governo Berlusconi erano informati delle iniziative di questa gente che passava veline e mezzi sussurri al Sismi. E cosa sapevano Berlusconi e il braccio destro Gianni Letta?
Perché le migliaia di schede e dossier sequestrati nell’ufficio di Pio Pompa raccontano una storia incredibile. Di elezioni per il rinnovo del Comitato direttivo centrale dell’Anm adeguatamente monitorate per evitare che l’associazione si attesti «su posizioni radicali e soprattutto antigovernative». Di organismi internazionali della magistratura spiati (come l’Olaf, l'ufficio europeo per la lotta antifrode); di associazioni monitorate sia in Italia che all’estero (Magistratura Democratica, su tutte, ma anche il Medel di cui era stata violata la corrispondenza elettronica); di magistrati pedinati, fin dentro i palazzi di giustizia, nei loro spostamenti e nei loro rapporti. Esemplare è il “promemoria” circa la «rete informativa utilizzata dal magistrato francese di collegamento presso il ministero della Giustizia, Emmanuel Barbe» e sui suoi rapporti «con diversi esponenti del movimento dei “giuristi militanti”». Ossia Md e il Medel, la Ong «Magistrats européens pour la Democratie et les Libertés» presieduta da Ignazio Patrone.
Una attività, secondo il Csm, condotta anche grazie alla collaborazione del giornalista Renato Farina (radiato dall’Ordine dopo aver patteggiato una condanna a sei mesi per favoreggiamento nell’inchiesta sul rapimento di Abu Omar) e posta in essere dal Sismi attraverso «specifici interventi tesi a ostacolare o contrastare l’attività professionale o politico-culturale dei magistrati». Tutto al fine di «conseguire effetti di intimidazione nei confronti di alcuni e di cagionare perdita di credibilità nei confronti di altri, preposti a indagini e processi particolarmente delicati così aumentando le difficoltà nella collaborazione sopranazionale ed ostacolando, in maniera significativa, l’esercizio indipendente ed efficace della giurisdizione». Barbe finte contro toghe, spioni contro magistrati. E più in alto il governo Berlusconi. Che, qualcosa certo sapeva. Resta da capire ora chi dava gli ordini.

Massimo Solani, l'Unità 5 luglio

mercoledì, luglio 04, 2007

Una risata vi seppellirà...

E io che pensavo di avere almeno il dono dell'umorismo, il gusto per la battuta, il piacere della risata. Moderata o sguaiata che fosse. Osservo quotidianamente le vignette di Forattini pubblicate da Il Giornale e credo proprio di dovermi ricredere. Oggi l'apice... molto british, decisamente tagliente, direi quasi sferzante.

martedì, luglio 03, 2007

Una via non si nega a nessuno. O sì?

Fatto numero 1: a Bolzano non meglio precisati ambienti politici esprimono perplessità sull'idea di intitolare una via ad Alex Langer, l'eurodeputato verde ex giornalista, fino a far naufragare il progetto. Motivo? Si è suicidato, e a santa madre chiesa questo non piace. Figurarsi ai politici baciapile.

Fatto numero 2: il Consiglio Comunale di Roma approva una mozione che impegna il sindaco Veltroni ad intitolare una via della Capitale a Bettino Craxi.

Mia riflessione: in questo paese un pluripregiudicato latitante (due condanne definitive: 5 anni e 6 mesi per corruzione, 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito al partito) è persona più degna di essere ricordata su una targa in marmo all'angolo di una strada rispetto ad un intellettuale pacifista che ha dedicato la vita alla ricerca di una pacifica convivenza fra genti e culture.

Povera Italia.

giovedì, giugno 28, 2007

(Fanculopensiero) ossia per tutti quelli che si sono persi

Non l'ho scelto io, lui ha scelto me.
Non lo cercavo, mi ha trovato lui.
Non è un peyote, sia chiaro, ma è comunque un bellissimo viaggio nell'animo umano. In un animo in particolare, per leggerci dentro quelli di tutti però. Fanculopensiero è un libro strano e bellissimo come il suo autore, Maksim Cristan. Uno scrittore di strada, ex manager di successo che ad un certo punto si è perso e si è ritrovato anni dopo a chilometri di distanza. Ad anni luce di distanza.
E' stato un bell'incontro, capitato in un momento in cui in fondo anch'io mi ero perso. Certo non come Maksim, ma nel mio piccolo anch'io un pò di casino in testa me l'ero combinato. Oggi non posso ancora dire di essermi ritrovato, almeno non del tutto. Ma qualcosa si muove e in una direzione che mi piace finalmente. Forse non sarà quella giusta, ormai mi sono abituato a quel sapore amaro di quando scopri di aver sbagliato strada, ma intanto mi dà piacere. E tanto mi basta per adesso.

Fanculopensiero.
Forse non si può dire.
Forse somiglia più a uno slogan che al titolo di un libro.
Forse dà fastidio.
E poi quelle parentesi. Perché?
Ma vi è mai capitato di inseguire un obiettivo e di scoprire che avete impegnato tutte le vostre forze invano, perché quello che cercavate era altrove?
Vi siete mai aggrappati all'orgoglio e all'ambizione finendo per ferire voi stessi e le persone che amate?
Quante volte avete dovuto ammettere che fuori dal cerchio del vostro io non capite granché e giurate, mentendo, di aver cercato una strada negli altri e con gli altri?
Ora fermatevi, smettete per un attimo di fare quello che state facendo, appoggiate per terra questo libro e chiedetevi: "Cos'è che in questo momento vorrei fare più di ogni altra cosa?".
E fatelo.

martedì, giugno 19, 2007

Cannavaro, la Liga e il Fascio

Fabio Cannavaro domenica sera, come tutti i giocatori del Real Madrid, ha festeggiato la conquista della Liga spagnola sul campo del Bernabeu. Una gran bella festa. Rovinata però dalla solita demenza: il pallone d'oro, infatti, non ha trovato niente di meglio da fare che sventolare in giro per lo stadio una bandiera tricolore con un enorme fascio littorio al centro. Glielo avevano passato i tifosi della curva madrididista, i famigerati Ultras Sur. Una delle tifoserie più fasciste d'Europa, famosi per le simpatie per il caudillo Franco e i cori razzisti ai giocatori colore.
Scena già vista (remember Buffon sul carro della vittoria mondiale con la celtica sul tricolore? o ancora lo stesso portiere bianconero con la scritta "Boia chi molla" sulla maglietta ai tempi del Parma?), scusa già sentita: "non me n'ero accorto, appena ho visto l'ho arrotolata". Riflessi ritardati, devo dedurne, visto che tutta Europa ha potuto ammirare per un buon venti minuti. Aspetto con ansia il giorno in cui un tifoso passerà ad un giocatore una bandiera con su scritto "Sono un cretino". Chissà se in quell'occasione il suddetto calciatore si accorgerà subito... o la sventolerà fiero di se stesso.

mercoledì, giugno 13, 2007

Bufale brigatiste

Torno dopo una lunga e imperdonabile pausa. Anche spiegarne i motivi sarebbe troppo lungo, per cui passo oltre fingendo di aver scritto l'ultimo post solo poche ore fa.

Notizia di ieri. La brigatista Nadia Desdemona Lioce (tre ergastoli per altrettanti omicidi: Marco Biagi, Massimo D'Antona e l'agente della PolFer Emanuele Petri) è stata indagata dalla Procura de l'Aquila perchè sospettata di essere "la mente" della strategia di lettere minatorie contro il presidente della Cei Angelo Bagnasco. A far insospettire il pubblico ministero della città abruzzese una lettera bianca trovata nella sua cella durante una perquisizione in cui si leggevano alcuni mozziconi di parole. Cose tipo "...ne ...do ...asco ...religios" che secondo gli inquirenti facevano parte di una comunicazione in codice fra l'irriducibile Br e altri militanti fuori, autori materiali delle lettere con proiettili recapitate all'arcivescovo di Genova.
Notizia di oggi: quella busta sarebbe materiale di divulgazione, appartenente ad una associazione religiosa di Firenze, e ci sarebbe scritto sopra "Associazione Don Vasco Nencioni per la ricerca religiosa". Frase per qualche motivo cancellata maldestramente.

Sempre più convinto che nella giustizia italiana ci sia qualcosa che non funziona.
A meno che la seconda notizia non sia un abbaglio... ma non credo proprio

martedì, maggio 22, 2007

Nella notte.....





"Nella notte buia dell'anima sono sempre le tre del mattino"

(Francis Scott Fitzgerald)

giovedì, maggio 03, 2007

Il terrorismo mediatico della "Falange Armata"

«Terrorismo mediatico, atti che puntano soprattutto a creare rumore nell’opininione pubblica e a conquistare visibilità sui mezzi di comunicazione». Gli esperti dell’antiterrorismo che da settimane seguono il ripetersi di azioni dimostrative e lettere minatorie (su tutte quelle contro il presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco, e contro il sindaco di Bologna Sergio Cofferati) non minimizzano la portata del rischio che potrebbe derivare «dai comportamenti di un singolo o di pochi elementi», ma non nascondono un certo scetticismo contro una campagna che sembra più finalizzata al sue effetto mediatico che ad una offensiva terroristica strutturata. E proprio per questo motivo nelle analisi dei più si ripete quello che per molti è ormai il «paradigma Falange Armata», dal nome del misterioso e famigerato gruppo che per tutti gli anni ‘90 si è infilato nei fascicoli di quasi tutte le inchieste sul terrorismo nostrano. Rivendicando ogni azione pur non avendo mai colpito nessuno e, soprattutto, senza che si riuscisse mai a fare chiarezza su chi ci fosse dietro quella sigla omnipresente. Servizi segreti, ipotizzò qualcuno non senza una fondatezza. «Hanno rivendicato tutto tranne il peccato originale» sbottò una volta l’allora capo della Polizia Vincenzo Parisi. E non si sbagliava di molto, visto che nel solo ‘95 le telefonate o i messaggi di rivendicazione firmati «Falange Armata» furono ben 150. L’esordio il 27 ottobre del 1990 con un telefonata per attribuirsi la paternità dell’omicidio di Andrea Mormile, educatore carcerario a Opera ucciso sei mesi prima. Poi un lungo viaggio dentro ai misteri italiani: dagli omicidi Falcone e Borsellino (rivendicati) agli assassinii della Uno Bianca, dalle bombe della stagione del 1993 alle minacce a centinaia di uomini politici e magistrati passando per numerosi azioni di hackeraggio informatico e l’omicidio D’Antona. Chi c’era dietro a quelle rivendicazioni? Mai chiarito, e anche le inchieste della magistratura non portarono a nulla (un presunto telefonista fu arrestato e poi assolto e risarcito, un informatore della Finanza fu condannato per aver organizzato una truffa in stile Scaramella per accreditarsi con le Fiamme Gialle sfruttando il marchio), ma i dubbi rimasero. Primo fra tutto quello di contiguità coi servizi segreti. Tanto che il Cesis, l’organismo di coordinamento delle agenzie di intelligence, promosse addirittura una indagine interna arrivando a sospettare di 16 agenti della settima divisione del Sismi (quella da cui dipendeva Gladio). Perché la Falange, di cui si occuparono, commissioni parlamentari, Dia, Copaco e svariate procure, dimostrava «una manifesta conoscenza delle tecniche di disinformazione - spiegava il Capo del Cesi di allora - che va oltre i connotati solitamente spontaneistici di un gruppo di matrice eversiva». «Una sorta di agenzia di disinformazione», la definì il pm romano Pietro Saviotti che indagò su di loro per anni, che a distanza di quasi un decennio resta ancora avvolta nel mistero.


Massimo Solani, l'Unità 2 maggio

mercoledì, aprile 25, 2007

Viva l'Italia

Viva l'Italia, l'Italia liberata. L'Italia partigiana e l'Italia della Resistenza.

Buon 25 aprile.

lunedì, aprile 23, 2007

Consigli per la lettura, e per la coscienza

E' in edicola dal 20 aprile il libro "Ammazzàti l'Onorevole", dell'amico e collega Enrico Fierro. Una buona lettura per capire qualcosa di più di quello che succede in Calabria e per non lasciare che Francesco Fortugno sia morto invano.


giovedì, aprile 19, 2007

Lozano sa e non sa......

Magari, come dice il suo legale di fiducia Alberto Biffani (che in passato è stato difensore del giudice Vittorio Metta nel procedimento Imi-Sir e di Claudio Vitalone in quello per l’omicidio Pecorelli), Mario Lozano davvero non ha mai saputo del processo a suo carico che si è aperto a Roma per l’omicidio di Nicola Calipari. Però di stranezze nel comportamento processuale del marine statunitense, che il 4 marzo 2005 aprì il fuoco a Baghdad sulla vettura a bordo della quale viaggiavano Calipari, Giuliana Sgrena e l’agente segreto Carpani, ce ne sono. Prima fra tutte la notizia riportata ieri da un blog americano secondo il quale lo stesso Lozano avrebbe assunto come difensore l’avvocato penalista Ed Hayes, una specie di star dei processi di mafia a New York negli anni Ottanta che fece persino una comparsata nel film «Il Padrino» di Francis Ford Coppola, oltre ad aver ispirato il personaggio del romanzo di Tom Wolfe «Il Falò delle Vanità». Una notizia che sarebbe però qualcosa più di un semplice «rumor» visto che a riportarla è il diario on line di John Byrnes, un blogger che da mesi segue da molto vicino la vicenda penale dell’ex marine del 69° reggimento di fanteria («Il mio amico Lozano»). Talmente da vicino che, fra un insulto e l’altro rivolto alla giornalista del «manifesto» Sgrena («una calunniatrice» «senza vergogna» che «da due anni diffama Lozano», una «giornalista marxista», «una persona capace di qualsiasi cosa»), John Byrnes è uno dei promotori della catena di solidarietà lanciata dall’associazione dei familiari dei soldati del 69° reggimento di fanteria per pagare le spese di difesa di Mario Lozano. Una colletta che deve aver dato buoni frutti...

mercoledì, aprile 18, 2007

Ddl Mastella sulle intercettazioni. Arriva il bavaglio


La libertà di stampa, secondo me, è come l'ossigeno. Non ti accorgi quando c'è, non lo vedi, non lo senti. E' insapore e inodore. Ma sai che c'è dal fatto che sei vivo, e sai che se non ci fosse ti accorgeresti subito della sua assenza. Per cui non mi meraviglio affatto se in un paese come l'Italia parlare di libertà di stampa, di informazione indipendente sia diventato come predicare le albe e i tramonti. Tutti le danno per scontate, nessuno ci fa più caso. Succede tutti i giorni, perché curarsene. Perchè affannarsi a parlare di libertà di stampa, allora? Siamo un paese democratico, dicono, è ovvio che ci sia. Perché parlarne, allora?
Perchè succede che il governo compatto, la maggioranza festante e l'opposizione partecipe approvino in Parlamento (per ora solo alla Camera) un decreto che vieta ai cronisti di pubblicare qualsiasi atto di un'indagine della magistratura, almeno fino alla chiusura delle indagini preliminari e al rinvio a giudizio. Almeno, perché in alcuni casi bisognerà aspettare addirittura la sentenza d'appello. Intercettazioni telefoniche comprese, nè integrali, nè a stralci e nemmeno un riassuntino. Se lo fa, il giornalista rischia fino a 30 giorni di carcere e 100mila euro di multa.
Dicono: "è normale, dobbiamo evitare la gogna mediatica della pubblicazione di intercettazioni telefoniche che nulla hanno a che vedere con l'inchiesta e i reati". Bene. Dicono ancora: "Il rispetto della privacy è un bene primario per la vita democratica dei cittadini". Benissimo. Ma qui non parliamo di una legge o di un codice deontologico che ponga paletti e restrizioni per separare ciò che è interesse dei cittadini sapere da ciò che invece è gossip, pettegolezzo e spazzatura. Qui si parla di chiudere a doppia mandata la bocca ai giornali, alla stampa, alle inchieste. Per intenderci: se questa legge fosse stata in vigore un paio di anni fa, non avremmo mai saputo che il banchiere Giampiero Fiorani mandava "baci in fronte" al governatore della Banca d'Italia Fazio per ringraziarlo (lui che doveva essere il controlato, e l'altro il controllore) di un atto a suo favore. Non avremmo saputo nulla di Ricucci e dei "furbetti del quartierino. Persino dello scandalo Calciopoli, e delle telefonate di Luciano Moggi ad arbitri, giocatori e designatori avremmo letto niente. Le inchieste si sarebbero fatte comunque, certo, la magistratura avrebbe proceduto in ogni caso. Vero. Ma noi, non avremmo saputo nulla. Avremmo assistito alla retrocessione della Juventus, ma non avremmo avuto il diritto di farci un'idea di quanto era successo. Niente, visto che le carte sui cui si è celebrato il processo portivo al momento sarebbero ancora secretate fino alla chiusura delle indagini preliminari al tribunale di Napoli.
E lo stesso vale, ad esempio, per Vallettopoli o come diavolo si chiama. Fabrizio Corona arrestato, Lele Morà indagato. Ok, va bene. Ma perché? Possiamo saperlo anche noi? Niente di niente. Nessuna intercettazione, nessun atto dell'inchiesta. Il silenzio, quello dell'informazione. Addio al diritto di cronaca, al diritto all'informazione. Resta soltanto il bavaglio e un certo retrogusto al sapore di sospetto.
E allora mi chiedo: che differenza c'è fra un governo di centrosinistra e uno di centrodestra? Io un'idea pensavo di averla, ma adesso ne sono un pò meno sicuro. Ma aspetto di vedere i girotondi prima di dirvela.

lunedì, aprile 16, 2007

Guardo gli operai che precipitano

In questi giorni si è tornato a parlare di morti bianche e incidenti sul lavoro. Come successo altre decine di volte, presto i titoli dei giornali si rimpiccioliranno, scivoleranno a fondo pagina su articoli sempre più brevi fino a sparire. Perché in Italia una guerra che fa tre morti al giorno non fa notizia. O almeno non più un paio di volte all'anno, salvo poi venire travolta dal chiacchiericcio politico, dai partiti democratici e dai nuovi socialisti. Nel paese che vorremmo, però, non funziona così. Anzi, nel paese che noi vorremmo non si morirebbe per uno stipendio, spesso da fame. Spessissimo in nero.
Nel paese che noi vorremmo monologhi come quello recitato da Ascanio Celestini domenica sera nella trasmissione "Parla con me" di Serena Dandini, farebbero rumore. In Italia, invece, finiscono inghiottiti nel silenzio come i nomi degli operai che precipitano ogni giorno.

Io sto in finestra e guardo gli operai che precipitano.
Ogni tanto ne casca uno.
Mi piace vedere la gente che muore sul lavoro mentre io sto tranquillo a casa.
Mia moglie invece non è interessata.
Lei è di sinistra, a lei piace la politica e si guarda sempre i programmi del canale satellitare del parlamento.
A quest’ora fanno una trasmissione condotta dal ministro degli esteri dove si insegnano le parolacce straniere.
Oggi dicono porcate in francese.
Io non sono interessato perché le parolacce in francese sembrano sempre un po’ sdolcinate.
Se mandi a quel paese qualcuno non puoi farlo con la erre moscia, e quelle parolette tronche che finiscono sempre con l’accento sull’ultima sillaba mi sembrano poco credibili.
Se devo mandare a cagare un francese preferisco farlo a gesti.
Mi arrangio col dito medio
Questo programma del ministro degli esteri mi piace solo quando bestemmiano in turco.
Ma comunque io non mi interesso di politica, infatti non dico le parolacce.
Io sto in finestra e guardo gli operai che precipitano.
Una volta i morti sul lavoro finivano sui giornali, la gente leggeva quelle liste di nomi di morti e si indignava.
Fortunatamente adesso i giornali non esistono più e la gente vive tranquilla.
C’è solo la televisione satellitare del parlamento.
Io non mi interesso di politica. La guardo solo quando c’è il programma del ministro del lavoro.
Fa vedere i migliori morti della settimana al rallentatore.
Mia moglie dice che alla fine della trasmissione il ministro distribuisce i gratta e vinci ai parenti delle vittime.
O forse da i numeri del lotto, delle giocate, terni secchi… qualcosa del genere
Ma io non vedo quella trasmissione fino alla fine e non saprei dire con precisione.
Io non mi interesso di politica e infatti io non ci capisco di lotterie.Io preferisco i videotelefoni. Sto in finestra e quando un operaio precipita lo riprendo col cellulare.
Sono riprese amatoriali che scambio su internet.
Oggi in cambio di un rumeno che si infilza sulla sbarra di un cancello mi hanno mandato due minatori cinesi intossicati.
Mi sono fatto una bella collezione di manutentori inghiottiti da turbine, manovratori precipitati dalle gru o schiacciati dal carroponte.
Mi piace vedere la gente che muore sul lavoro mentre me ne sto seduto in mutande sulla mia poltrona ergonomica.
Io abito qui e non mi posso permettere di andare in giro per il mondo a vedere operai che muoiono in altre nazioni.
Meno male che c’è internet.
Io sto in finestra e guardo gli operai che precipitano.
Ho questa passione e appena posso torno a guardare dalla finestra.
Oggi è una giornata fiacca. Sono morti solo cinque o sei muratori.
Invece ieri ne ho visti precipitare almeno due dozzine.
Era un luna park, tutto il condominio faceva il tifo dalla finestra.
Persino mia moglie si è affacciata a vedere il disastro.
Eppure in televisione sul canale satellitare del parlamento il sabato fanno la gara di rutti.
Io non la vedo perché a me non interessa la politica.
Il mese scorso per poco non cascava il governo perché si è scoperto che il presidente del consiglio rutta in play back.
Poi per il bene della nazione hanno cambiato la legge.
Adesso il portavoce può ruttare al posto del premier.
Io non mi interesso di politica e infatti io non ci capisco di rutti.
Mi appassiona solo quando fanno la gara di puzze al senato perché lì le maggioranze sono risicate e contano soprattutto le performance dei senatori a vita.
Io sto in finestra e guardo gli operai che precipitano.
La maggior parte dei muratori lavora al nero, ma appena qualcuno s’ammazza.. il padrone lo deve assumere.
Ogni anno muoiono migliaia di persone sul lavoro.
Con l’assunzione di tutti questi morti il governo sta combattendo la disoccupazione.
Ci sta più gente assunta regolarmente sottoterra nei cimiteri che in fabbrica.
Io sto in finestra e guardo gli operai che precipitano.
I morti sul lavoro sono diventati un’attrazione.
Si fanno pure viaggi organizzati in tutto il mondo per andare a vedere operai lanciati dalle impalcature o gettati sotto pale meccaniche. C’è gente che se ne va in giro per il mondo a fare i safari nelle miniere cinesi, nelle piantagioni afgane dove c’è gente che muore.
Certi se ne vanno in crociera a largo delle coste pugliesi e siciliane per vedere gi extracomunitari affogare prima ancora di arrivare nei cantieri dove si faranno ammazzare lavorando sottopagati al nero come manovali.
Ma così è troppo facile.
Dopo un po’ fai l’indigestione.
È come andare a caccia al giardino zoologico.
Io non sono uno sciacallo.
Io c’ho una morale.
Io sono una persona onesta.
E poi con tutta la gente che muore di lavoro in Italia basta avere un po’ di pazienza.
Basta mettersi davanti alla finestra e dopo un po’ un operaio precipita.

(Ascanio Celestini)

venerdì, aprile 13, 2007

Benvenuta Martina

Ti aspettavamo fra qualche giorno, e invece ci hai fatto la prima sorpresa della tua vita. Benvenuta Martina. Mi piacerebbe dirti che ti abbiamo preparato un bel posto dove vivere, ma sarei ipocrita. Fortunatamente tu lo hai già reso migliore alla tua mamma e al tuo papà, e ce lo renderai ogni giorno di più. A noi tutti che abbiamo la fortuna di conoscere Massimo e Barbara, e adesso anche te. Benvenuta piccolina.

lunedì, aprile 02, 2007

Decreto calcio, non c'è fretta. Ma non era emergenza?

Adesso non si tratta nemmeno più di correre contro il tempo. Adesso è proprio una questione di soluzioni, da trovare per uscire da una situazione a dir poco ingarbugliata. Fra una settimana infatti, il 9 aprile, decadrà il decreto legge contro la violenza negli stadi approvato il 7 febbraio scorso sull’onda dell’indignazione per l’assassinio dell’ispettore di Polizia Filippo Raciti. Ucciso a Catania nel corso degli incidenti che hanno fatto da contorno al derby fra la squadra di casa e il Palermo. In due mesi o quasi, però, il disegno di legge di conversione del decreto è rimasto impigliato nella manfrina parlamentare secondo l’iter della più classica «navetta» fra Senato e Camera, tirato di qua e di là fra modifiche e «ritocchi». Un po’ annacquato sulla scia delle proteste del partito trasversale degli onorevoli ultras, un po’ inasprito per venire incontro alle richieste delle forze dell’ordine.
Così dopo la prima approvazione al Senato il 7 marzo scorso, con i primi aggiustamenti lodati in aula dal viceministro dell’Interno Marco Minniti («Ora è un decreto migliore e più forte»), il testo è passato alla Camera dove è stato ulteriormente modificato dalle commissioni Giustizia e Cultura prima della sua approvazione nella nuova formula (fra le novità i biglietti gratuiti per gli Under 14) il 27 marzo. «Anche questa volta - tuonava il deputato dell’Udc Luciano Ciocchetti - il partito trasversale degli “ultras” e degli avvocati ha cercato di mettere in discussione le scelte forti». A Montecitorio il testo passa con 426 voti a favore, due contrari e 14 astenuti. «Siamo allo stato di polizia, con i tifosi trattati peggio dei mafiosi - protestano Roberto Villetti, Sergio D’Elia e Enrico Buemi della Rosa nel Pugno -. Ai mafiosi almeno vengono garantite le regole del giusto processo».
Si torna a Palazzo Madama coi tempi già a dir poco stretti, ma la nuova (la terza) versione del disegno di legge è ancora una volta modificata dalle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia dove tre ulteriori modifiche approvate all’unanimità (una relativa agli oneri delle società sportive sui costi di adeguamento degli impianti, e l’altra sull’estensione anche al di fuori delle manifestazioni sportive dell’articolo 583 quater del codice penale che introduce la fattispecie di reato di lesioni gravi alle forze dell’ordine) riportano il testo a come era prima delle correzioni approvate alla Camera. Domani l’assemblea di Palazzo Madama sarà chiamata a votare e se le tre correzioni fatte in commissione dovessero essere approvate il testo tornerebbe di nuovo a Montecitorio, con una settimana di tempo per essere approvato. Teoricamente possibile, molto difficile stando a quanto trapelato dall’ufficio di Presidenza. «Insisteremo per approvare il decreto con le modifiche apportate - commentava nei giorni scorsi il senatore di An Saporito - Il tempo per l’ok definitivo della Camera c’è ampiamente. Si è fatto un patto bipartisan e riteniamo debba essere onorato. Non vedo difficoltà». Più facile a dirsi che a farsi, però. «Una cosa è certa - racconta qualcuno nei corridoi di Palazzo Chigi - se il decreto dovesse decadere sarebbe una tragedia. Ci sono già dei procedimenti penali aperti sulla base della nuova legislazione, come andrebbe a finire? Una tragedia, davvero».

Massimo Solani, l'Unità 2 aprile

domenica, aprile 01, 2007

sabato, marzo 31, 2007

Catanzaro, chi vuole fermare quelle inchieste eccellenti?

Ieri si sono trovati faccia a faccia nelle stanze del tribunale di Catanzaro. Da una parte il pm di Potenza Henry John Woodcock dall’altra il procuratore del capoluogo calabrese Luigi De Magistris. Sentito come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sulle toghe sporche lucane, il primo, titolare delle indagini il secondo. Un incontro che, al di fuori dell’inchiesta che ha portato il Csm all’apertura di tre procedure di trasferimento per altrettanti magistrati del tribunale di Potenza e Matera, ha visto seduti intorno ad un tavolo quelli che al momento sono probabilmente due fra i pubblici ministeri più “odiati” d’Italia. Ad accomunarli non soltanto le inchieste eccellenti ma anche le attenzioni particolari di quella politica che non ha mai visto di buon occhio il lavoro di certi magistrati “scomodi”. Delle vicende di Woodcock, ormai, tutta Italia sa. Meno noto è quanto accade a Catanzaro sulle spalle di Luigi De Magistris, giovane sostituto procuratore (in magistratura dal 1995) transitato per il tribunale di Napoli prima di approdare in Calabria. Due giorni fa, dopo mesi di veleni e accuse, il procuratore della Repubblica Mariano Lombardi gli ha revocato la titolarità dell’inchiesta “Poseidone”, aperta nel 2005 sui presunti illeciti nella gestione dei fondi della depurazione in Calabria. Un’inchiesta che vede indagati fra gli altri, in tutto sono una cinquantina, il segretario nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa e l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti (Fi). Una lista a cui nei giorni scorsi si è aggiunto anche il coordinatore regionale di Forza Italia, nonché senatore, l’avvocato Giancarlo Pittelli. Indagato per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e per aver fatto parte di una organizzazione segreta. Pittelli, appresa la notizia, ha convocato una conferenza stampa per accusare il suo accusatore: «Sono noti a tutti i miei interventi pubblici contro i metodi del sostituto nei confronti del quale ho sollecitato più volte l’avvio di indagini che accertassero le violazioni da questi messe in atto - ha tuonato - Ho anche denunciato detto magistrato alla procura di Salerno per la violazione reiterata del segreto istruttorio. Evidentemente aveva ben ragione chi mi metteva in guardia preannunciandomi che De Magistris avrebbe in ogni modo tentato di colpirmi».
Ma alle accuse dei politici De Magistris, come Woodcock del resto, in un certo senso c’è già abituato. Campione della “guerra” condotta contro il sostituto procuratore di Catanzaro è l’ex senatore di An Ettore Bucciero, avvocato penalista eletto a Bari. Il quale nel corso della scorsa legislatura (guardacaso dopo l’apertura dell’inchiesta “Poseidone”) ha presentato ben due interrogazioni al ministro della Giustizia Castelli per sollecitare l’invio a Catanzaro degli ispettori per verificare se da parte di De Magistris non ci fosse la «deliberata determinazione di colpire con lo strumento giudiziario settori della vita pubblica dei quali non condivide le scelte politiche». Pretese puntualmente soddisfatte dal ministro leghista che ha inviato ben due ispezioni (gennaio e novembre 2006). Ma le richieste di Bucciero sono state rinnovate nel novembre scorso anche da una trentina di parlamentari del centrodestra che a Mastella hanno denunciato la «serie ulteriore di condotte assolutamente distoniche» del sostituto procuratore. In poche parole, secondo il centrodestra, De Magistris perseguirebbe finalità politiche. Un’accusa curiosa considerando che fra le persone rimaste coinvolte nelle molte inchieste condotte da De Magistris figurano anche l’attuale presidente della Regione Agazio Loiero (indagato per alcuni appalti nella sanità), il vicepresidente diessino Nicola Adamo e sua moglie Enza Bruno Bossio (l’accusa è di truffa, associazione a delinquere e abuso di potere in merito ad alcuni appalti). Ed è di poche settimane fa la notizia dell’apertura dell’inchiesta che vede coinvolti (nel registro degli indagati anche il diessino Filippo Bubbico e il senatore di An Nicola Buccico) addirittura tre magistrati lucani che avrebbero fatto parte, secondo i pm di Catanzaro, di un “comitato d’affari” che agiva in Basilicata. «De Magistris non è imparziale», accusava un anno fa il parlamentare di Fi Basilio Germanà presentando l’ennesima interpellanza al ministro della Giustizia e invocando l’intervento del «Capo dell’Ufficio di Procura catanzarese». Resta da vedere se proprio quest’ultimo, Mariano Lombardi, lo fosse davero quando due giorni ha revocato al sostituto l’inchiesta Poseidone. Specie in considerazione del fatto che il figlio della sua compagnia è socio in una immobiliare con quell’onorevole Pittelli che oggi è al tempo stesso accusato e grande accusatore. «Ma io sono sereno - ha commentato ieri De Magistris - risponderò con azioni concrete ad un atto che considero grave».

Massimo Solani l'Unità, 31 marzo 2006

giovedì, marzo 29, 2007

giovedì, marzo 22, 2007

In guerra, fra bischerate e bungee jumping

Lezioni di giornalismo, da divulgare nelle scuole. Fare l’inviato di guerra sul campo, con la voglia di vedere coi propri occhi e poi raccontare ai lettori, significa commettere «bischerate». L’errore? Essersi sganciato «dal plotone degli inviati da albergo e correre incontro, anzi, tra le braccia amorevoli dei gentiluomini ostili al geverno democratico di Kabul». L’autore della «bischerata» ovviamente è Daniele Mastrogiacomo. Anzi, «il divo Daniele» stando al parere di Vittorio Feltri, direttore di Libero. Il quotidiano che non esitò a definire «un simpatico pirlacchione» il povero Enzo Baldoni, rapito e poi ucciso in Iraq. Perché per Feltri, l’inviato di Repubblica non ha resistito «all’attrazione fatale dei turbanti e si è buttato nell’avventura». Insomma, «l’imprudente gazzettiere» ha commesso un’imperizia. Perché quel lavoro, come ha spiegato Feltri martedì sera dal salotto di Porta a Porta, «si può tranquillamente fare da qui». Il come, forse, Feltri ce lo spiegherà alla prossima lezione, magari con l’aiuto del suo vice Renato Farina. Uno che fingeva di fare interviste ai magistrati della procura di Milano per poi passare informazioni (a pagamento) al Sismi e che non esitava, dietro ai sussurri di qualche spione, a pubblicare notizie palesemente false ma dannose al governo Prodi. Una buona mano a Feltri l’ha data anche l’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli che, sottolineando come certe cose capitino «solo ai giornalisti di sinistra, come la Sgrena, Mastrogiacomo, Baldoni», ha lanciato l’idea di un codice che impedisca ai giornalisti di muoversi in territorio di guerra senza la copertura dei militari. Una usanza che esiste già e che negli Usa chiamano giornalismo “embedded”. Letteralmente: arruolato. Alla faccia della libera informazione.
Ma certe cose capita di sentirle anche nel centrosinistra. Prendiamo il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro secondo il quale «il diritto di cronaca è sacrosanto, ma bisogna evitare che i luoghi in cui si sta combattendo una guerra diventino teatro per sport estremi». La prossima volta, insomma, piuttosto che fare il proprio lavoro e raccontare ai lettori l’orrore delle armi, Mastrogiacomo si dedichi al bungee jumping.

Massimo Solani, l'Unità 22 marzo 2007

lunedì, marzo 19, 2007

Daniele è libero, finalmente

Quattordici giorni. Tanti, tantissimi. Ma ora l'importante è che Daniele Mastrogiacomo sia di nuovo libero, e che stia bene. Merito anche di Emergency e di quel diavolaccio di Gino Strada. Che oggi ringraziano tutti, anche quelli che in passato gli hanno buttato fango addosso strumentalizzando un impegno umanitario che non conosce nemici e non fa distinzioni. Se non fra vittime e carnefici.
Adesso ti riaspettiamo a Roma, Daniele. Fai in fretta.

venerdì, marzo 09, 2007

martedì, marzo 06, 2007

Ritorno alla base


Ancora una assenza, ancora un prolungato silenzio. Mentre il governo Prodi si rimetteva in piedi, io ho preferito concedermi il lusso di qualche caduta. Sulla neve, però. Che è soffice, non fa male e soprattutto mi rilassa. Vacanza finita, si torna al lavoro. Non prima però di aver esaudito un sogno che cullavo da tanti anni. Treni acciuffati al volo, stress e stanchezza, ma ne è valsa davvero la pena. Due ore e mezza di grande musica, due chitarre e una voce clamorosa. Non potevo chiedere di meglio alla mia "fuitina" milanese e alle comode poltroncine del teatro Dal Verme.

Grazie Dave.

E con la sua musica ancora nelle orecchie si torna al lavoro. Sigh sob, scriverebbero in un fumetto.

mercoledì, febbraio 21, 2007

281 giorni... e nemmeno una parola


Povera patria!
Schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame,
che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene
quello che fanno
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti,
quanti perfetti e inutili buffoni!

(Franco Battiato, Povera Patria 1991)

venerdì, febbraio 16, 2007

Oggi mi gira così... antipatico


Antipatico e lontano,
dagli altri da me stesso
da Dio, dal mio partito,
dagli alberi e dal sesso
Far finta di ascoltare
così sono contenti
e parlano a valanga
e ridono coi denti
Poi li vedo in mare
in mezzo ai detersivi
credendo di salvarsi
chiusi nei preservativi
Dal buco dell’ozono
fino all’ultimo dei buchi
Il passo è molto breve,
ma forse siamo ciechi

Vi odio tutti quanti,
anche se siamo d’accordo
ma non avvicinatevi o vi mordo
Cinesi, giapponesi, russi o nord americani
o popoli vicini o popoli lontani

La polvere si alza
dal pianeta idiozia
ma cosa me ne frega
se c’è la democrazia
Il mondo sta cambiando
e noi siamo mutanti
che fabbricano merda
e parlano di guanti

Vi odio tutti quanti,
anche se siamo d’accordo
ma non avvicinatevi o vi mordo
Cinesi, giapponesi, russi o nord americani
o popoli vicini o popoli lontani

E non venite a chiedermi
qual è la mia proposta
non ho niente da dire
e ascoltarvi già mi costa
Non voglio più baciare
il vostro crocefisso
e nemmeno voglio bere
l’acqua del vostro cesso

Vi odio tutti quanti, anche se siamo d’accordo
ma non avvicinatevi o vi mordo
Cinesi, giapponesi, russi o nord americani
o popoli vicini o popoli lontani

(Ricky Gianco, Antipatico)

martedì, febbraio 13, 2007

Non so se ridere o se piangere...

Poi ci meravigliamo se i nostri ragazzi vanno allo stadio come alla guerra. Se si filmano mentre fanno sesso o picchiano un compagno down e poi mettono i video su Youtube. Se questa è la nostra tv e i nostri "presunti" intellettuali, come meravigliarsi?

lunedì, febbraio 12, 2007

Ancora calcio, ancora calci

Gira gira sempre lì torniamo. A parlare di calcio. E non perché ci interessi particolarmente la palla che rotola (in realtà mi interessa eccome), ma perchè quello che succede attorno agli stadi, ai club e alle sedi societarie mi piace sempre di meno.
Perché fra dirigenti di calcio e trafficoni anziosi di fare soldi col pallone va di moda una nuova figura, più penale che professionale. Quella del latitante che non latita. O meglio, quella del latitante che pur latitando si indigna per i mandati d’arresto, promette di tornare in Italia per dimostrare la sua innocenza, ma si guarda bene dal varcare i patrii confini e rischiare in questo modo le manette. Fulgidi esempi della nuova tendenza sono Luciano Gaucci e Giorgio Chinaglia, due che dopo anni passati fra i campi di calcio i salotti televisivi, adesso sono costretti a far i conti con le carte bollate, gli avvocati e le bollette telefoniche internazionali.
L’ex presidente del Perugia se ne sta a Santo Domingo nella sua lussuosissima villa di Bavaro Beach in riva al mare da oltre un anno e mezzo. Nel febbraio scorso la procura di Perugia emise nei suoi confronti un mandato d’arresto per il fallimento della squadra umbra. E dalla sua terrazza sulla spiaggia Gaucci apprese che mentre lui si godeva il sole caraibico, i figli Riccardo e Alessandro quello stesso sole erano costretti a vederlo a scacchi. Latitante lui, in carcere loro. «Lo so, sono preoccupato e molto incazzato», spiegava al telefono da Santo Domingo col rumore del mare in sotto fondo. Una latitanza dorata. «Macché latitante - ribatteva - sono venuto in vacanza e ci sono rimasto. Ho una bella casa nella zona migliore dell’isola, ho trasferito qui alcuni beni». Da Santo Domingo il sor Luciano annunciava battaglie legali, dossier contro Geronzi, Capitalia, Franco Carraro e il sistema Gea. «Ma adesso gioco duro io - annunciava rabbioso - tiro fuori tutto. I miei figli non li dovevano toccare». Qualcuno l’ha più visto? Qualcuno ha letto i famosi dossier? Ninte di niente, Gaucci è ancora a Santo Domingo e adesso la procura di Roma vuole processarlo con l’accusa di illecita concorrenza perché, hanno spiegato i pm Palamara e Palaia, con la Gea Gaucci faceva affari e ci guadagnava. In soldi e giocatori da tesserare via Juventus.
Giorgio Chinaglia è un altro di quelli che nell’ultimo anno di promesse ne ha fatte tante, ma di fatti pochini. Prometteva che avrebbe traghettato la Lazio dalle mani di Claudio Lotito a quelle di un grande e ricco gruppo unghererese, e invece “Long Jhon” dopo mesi di proclami e ospitate televisive è finito in una brutta vicenda di ricatti, estorsioni e aggiotaggio ai danni del presidente biancoceleste. Raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare, però, Chinaglia si disse esterrefatto: «È allucinante - spiegava al telefono da New York - è assurdo quello che mi sta accadendo. Macché latitante, vedrete. Presto torno in Italia e faccio chiarezza». La procura di Roma lo sta ancora aspettando.
E fra poco toccherà a Luciano Moggi. La procura di Roma ha già chiesto il suo rinvio a giudizio per la vicenda dell'azienda di famiglia Gea (richiesta di rinvio a giudizio anche per il figlio Alessandro) mentre da Napoli (inchiesta Calciopoli) arrivano spifferi tutt'altro che profumati mentre si va verso la chiusura dell'indagine. E intanto Moggi, che non latita affatto, pontifica. Più o meno da ogni tv.

venerdì, febbraio 09, 2007

Ci sono, ma non del tutto

Ho pensato a lungo in queste settimane, ho pensato a molte cose. Fra queste anche cosa fare di questo blog. Non vi nascondo che per questa sorta di spleen baudeleriano che mi attanaglia da un paio di mesi ho pensato che forse era giunta l'ora di chiudere bottega. Non avevo più voglia di raccontare cose, di spiegare il mio punto di vista. E forse non ce l'ho ancora. Ma oggi mi faccio un pò di forza per segnalare a tutti una cosa intelligente fatta da persone che in questi giorni, con una massiccia dose di superficialità, sono state etichettate in ben altro modo, come intera categoria. A Catania la settimana scorsa è morto un poliziotto, Filippo Raciti, ucciso da un crininale vestito da ultras e da tifoso di calcio. Fiumi di lacrime e di retorica, migliaia di appelli affinchè il calcio si fermasse, che il dolore fosse rispettato e la liturgia del pallone interrotta fino al momento in cui si sarebbe potuto ricominciare senza rischi per nessuno e con nuove regole.
Ma il dolore è durato ben poco e ventiquattro ore dopo la morte di
Raciti i presidenti delle società, con in testa l'eroe Matarrese ("i morti fanno parte del sistema", dixit) hanno ricominciato a fare pressioni perchè il pallone ricominciasse a rotolare. Qualche appello al buon senso, un paio di richiami ai soldi gettati al vento
e dell'ispettore Raciti si è presto dimenticata la memoria, figurarsi il sacrificio. Così mi ha sorpreso felicemente leggere questo. Una delle cose più intelligenti che siano state scritte in questi giorni di lutto ipocrita.

Complimenti ai ragazzi della curva nord di Brescia. Confido che queste parole aiutino a capire che ultras non significa necessariamente violento, stupido e criminale.

Riporto il testo del comunicato, pur non condividendo ogni cosa. Ma il messaggio è di quelli che valgono:

Fermi tutti! Noi non ci stiamo!

Dopo la tragedia di venerdì scorso in cui un uomo ha perso la vita in modo assurdo.
Dopo aver riflettuto e ponderato ogni ragione che possa aver portato alla sua morte.
Dopo avere capito che pochi vogliono di fatto cercare di affrontare una situazione drammatica che rischia solo di peggiorare se non ci saranno interventi preventivi a lungo termine che vadano al di là della semplice “repressione”.
Dopo esserci accorti senza alcuno stupore che, in questo momento, la vera preoccupazione di tutti coloro che fino a ieri si mostravano disgustati e colpiti da questo calcio è, paradossalmente, proprio quella di far riprendere uno show che dovrebbe invece fermarsi, se non per rispetto della vita quantomeno affinché il calcio che noi abbiamo sempre sognato non perda anche quella poca dignità rimastagli.
Dopo aver ribadito le grosse responsabilità relative al nostro mondo.
Dopo tutto questo e molto altro, noi, I ragazzi della Curva Nord Brescia 1911, abbiamo deciso di prenderci una seria e doverosa pausa di riflessione.
Per questo, da ieri sera (martedì 6 febbraio), il nostro gruppo sospende ogni “attività” relativa alle partite della Leonessa.
La nostra intenzione non è certo quella di voler fare moralismi o voler dare lezioni esemplari a qualcuno (crediamo infatti che in questi giorni tutti abbiano fatto il pieno di luoghi comuni, di frasi fatte e d’ipocrisia).
Al contrario, vogliamo ripartire dal basso nel tentativo di riprendere alcuni vecchi progetti accantonati (per forza di cose) e con l’intenzione d’investire tutte le nostre energie nella realizzazione di altri.
Dopo la morte di Filippo è necessario, oggi più che mai, che tutti si mettano in discussione e si facciano una serie autocritica.
Noi lo facciamo per primi, senza con questo voler insegnare niente a nessuno e, soprattutto, senza pretendere a tutti i costi d’essere considerati i paladini di questa società sempre più alla deriva (conosciamo molto bene, a differenza di tanti altri che ironizzano sulla nostra Curva, non solo l’importanza sociale del nostro gruppo, ma anche i limiti del nostro mondo; proprio per questo ci sentiamo così responsabili in tutto quello che è successo a Catania; proprio per questo non molleremo certamente adesso, anzi!, continueremo a lottare per i nostri ideali).
Ci auguriamo che qualcun altro segua il nostro esempio ed inizi a riflettere veramente sul valore e sul rispetto della vita umana, sia che appartenga ad un poliziotto, sia che appartenga ad un tifoso, senza distinzione.
Nei prossimi giorni organizzeremo un nuovo incontro pubblico nel quale spiegheremo nei dettagli le nostre decisioni e, principalmente, le nostre speranze.
Nel frattempo, per l’ennesima volta, invitiamo tutti coloro che ci hanno sempre seguito (anche da lontano) a sostenere la nostra scelta.
Una scelta forse per qualcuno discutibile, ma per tutti noi doverosa e soprattutto sincera.
Oggi più che mai… Mentalità Ultras!

venerdì, gennaio 12, 2007

Scusate la latitanza

Auguri a tutti, seppur in ritardo. Il 2007, purtroppo, è iniziato nello stesso modo in cui era finito il 2006 ed è per questo motivo che da ormai quasi un mese non aggiorno questo spazio. Conto di farlo presto, non appena avrò risolto (o diciamo fotografato, che di risolverli non credo ci sia verso) alcuni problemi personali che in queste settimane mi hanno distratto dal lavoro e dal mondo.
Nel frattempo mi scuso con quanti mi hanno inviato mail per chiedermi perchè non avessi più aggiornato il blog. Ubi maior, amici miei..... Ma non temete, tempo di rimettermi in sesto e torno più cattivo di prima. Almeno spero.

A presto.